Arrivare all’età giusta per la pensione e, allo stesso tempo, raggiungere i requisiti contributivi minimi potrebbe non essere sufficiente. Anzi, per alcuni contribuenti, questi due requisiti non bastano già oggi, e le cose peggioreranno in futuro.
Esiste infatti un requisito “nascosto”, spesso sottovalutato, che mette a rischio la possibilità di andare in pensione per molti lavoratori. Un requisito che tenderà a diventare ancora più stringente, sia per il funzionamento del sistema previdenziale, sia per alcune novità già in cantiere da parte del governo.
In pensione a 64 o 67 anni: per l’ok dell’INPS attenti agli importi, ecco il requisito nascosto
Andare in pensione è un diritto, ma l’assegno deve avere un importo “dignitoso”, sufficiente a garantire una vita decorosa e ad evitare nuove sacche di povertà tra i pensionati.
È proprio per questo motivo che, da anni, a prescindere dal governo in carica, i legislatori impongono soglie minime di importo come requisito fondamentale per l’accesso alla pensione.
Ed è qui che si arriva al nocciolo della questione: il famigerato “terzo requisito”, oltre all’età e ai contributi, necessario per accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni oppure a quella anticipata a 64 anni, se si è contributivi puri.
Pensione a 67 anni: quando l’importo diventa requisito per l’accesso
La pensione di vecchiaia a 67 anni si ottiene, come noto, con almeno 20 anni di contributi versati. Tuttavia, esiste un problema rilevante per chi ha iniziato a versare contributi solo dopo il 1995, cioè per i cosiddetti contributivi puri.
In questi casi, oltre ai requisiti anagrafici e contributivi, è necessario soddisfare un terzo requisito fondamentale: l’importo della pensione non può essere inferiore all’assegno sociale.
Nel 2024, l’assegno sociale era pari a 534,41 euro al mese, mentre nel 2025 è salito a 538,69 euro mensili. In pratica, per ottenere il via libera alla pensione di vecchiaia, il trattamento pensionistico deve superare questa soglia minima.
Ecco quindi perché, per chi compirà 67 anni nei prossimi anni, andare in pensione diventerà sempre più difficile: con l’aumento del costo della vita, cresce anche l’importo dell’assegno sociale, e con esso la soglia minima per accedere alla pensione.
Un limite destinato a salire sempre di più: ecco perché
Il ragionamento si fa ancora più rigido e penalizzante quando si parla di pensione anticipata contributiva.
Questa misura è riservata ai contributivi puri, e il calcolo si basa esclusivamente sul sistema contributivo, senza possibilità di deroghe.
Per accedere alla pensione a 64 anni, con almeno 20 anni di contributi, è necessario che l’importo mensile della pensione sia almeno pari a tre volte l’assegno sociale.
Con i valori attuali, la soglia minima è pari a 1.616,07 euro mensili.
Una cifra tutt’altro che semplice da raggiungere. Esistono però piccole agevolazioni per le donne che hanno avuto figli:
- con un figlio, la soglia scende a 2,8 volte l’assegno sociale;
- con due o più figli, la soglia si riduce ulteriormente a 2,6 volte.
Ma anche in questi casi, con l’aumento dell’inflazione e del costo della vita, raggiungere gli importi richiesti sarà sempre più complicato.
Verso una nuova stretta: dal 2026 importo minimo più alto
Secondo quanto trapelato, il governo starebbe valutando un ulteriore inasprimento del requisito economico per la pensione anticipata contributiva.
A partire dal 2026 o dal 2027, potrebbe essere richiesto un importo pari a 3,2 volte l’assegno sociale, anziché 3.
Una modifica che renderebbe ancora più difficile accedere alla pensione a 64 anni, soprattutto per chi ha avuto carriere discontinue o ha percepito salari bassi.
In sintesi: non basta più avere l’età e i contributi. Per molti, sarà sempre più difficile raggiungere anche l’importo minimo richiesto per ottenere l’assegno previdenziale.