Nonostante la riforma pensioni viaggi in profonda incertezza, qualcosa di certo si profila all’orizzonte. Parliamo naturalmente di quelli che sono i provvedimenti legislativi già approvati.

Il primo è quello che interessa milioni di pensionati e che dal prossimo anno si vedranno rivalutare l’assegno in base all’inflazione. Il secondo riguarda invece la pensione anticipata per i dipendenti delle aziende in crisi.

La rivalutazione delle pensioni

In base alle previsioni di crescita dell’inflazione (7-8%) lo Stato dovrà  innalzare gli importi di 16 milioni di assegni nel 2023.

Una conseguenza, prevista dalla legge (perequazione automatica), ma che costerà – secondo le stime Inps – almeno 23 miliardi di euro.

E’ ancora presto per fare i conti, ma si profila una manovra di bilancio pesante in tal senso. Soldi che, però, andranno stanziati insieme ai conguagli previsti, a partire da gennaio 2023, per la parte residua della perequazione del 2022 (0,2% in più).

Ci sarà quindi un rincaro della spesa statale per rivalutare le pensioni di circa il 7%. Cosa che allontana decisamente la possibilità di una riforma pensioni in deficit. Come anche chiedono Lega i sindacati.

Uscita a 62 anni nelle aziende in crisi

L’altra certezza riguarda l’uscita anticipata di tre anni per i lavoratori delle aziende in crisi. Si tratta di uno scivolo concesso fino a 62 anni di età, ma solo se l’azienda non supera i 250 dipendenti. Detta misura non è una novità. Era già prevista dalla legge di bilancio 2022 come conseguenza del Covid per le aziende maggiormente colpite dalla crisi economica.

Il personale dipendente potrà andare in pensione se ha compiuto almeno 62 anni di età al momento della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Lo Stato riconoscerà il 90% dell’importo spettante della pensione ordinaria maturanda in base al requisito della “vecchiaia” o anticipata.

Detto importo sarà al netto della Naspi che spetterà per il periodo di competenza.

Al raggiungimento dell’età per ottenere la pensione coi requisiti ordinari, sarà riconosciuto al lavoratore anche il 10% residuo spettante.

Per poter ottenere l’anticipo pensionistico è necessario che l’azienda versi in stato di crisi e che i lavoratori firmino l’accordo coi sindacati per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. La domanda di pensione deve essere presentata dall’azienda all’Inps almeno 90 giorni prima della data di risoluzione del rapporto dei lavoratori interessati.