L’inflazione morde e il potere di acquisto degli italiani si riduce. Nel mirino ci sono quindi pensioni e salari che andranno rivalutati dal prossimo anno. Ma mentre le retribuzioni sono oggetto di revisione contrattuale, le pensioni dovranno essere rivalutate dallo Stato.

Il meccanismo automatico che recepisce i dati Istat sull’inflazione, si chiama perequazione. E per il 2023 l’Inps stima una spesa complessiva per tenere al passo le pensioni col carovita, di 23 miliardi di euro.

Pensioni 2023, aumenti previsti intorno al 7%

Soldi che andranno stanziati con la legge di bilancio grazie anche alle maggiori entrate di quest’anno previste dalla crescita economica in atto.

Secondo il Def 2022, le pensioni dovrebbero quindi aumentare per 16 milioni di beneficiari di circa il 7%.

Attenzione, però, perché non tutti gli assegni godono dell’incremento pieno. Al momento la legge ha ripristinato le tre fasce originarie per la rivalutazione degli assegni e che sono al

  • 100% per importi fino a 2.6062,32 euro al mese;
  • 80,9% per importi da 20.60,33 e 2.577,90 euro al mese;
  • 77,4% per importi superiori a 2.577,91 euro al mese.

Una scaletta che potrebbe cambiare dal 2023, visto che il governo è intenzionato a difendere soprattutto i redditi bassi per contrastare l’inflazione. Anche perché, secondo l‘Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), nei prossimi tre anni lo Stato dovrà sborsare 45,4 miliardi di euro per tutelare il potere d’acquisto dei pensionati.

Rivalutazioni al centro della manovra finanziaria

E’ quindi possibile, secondo gli esperti, che le pensioni medie e alte possano non essere più penalizzate nel processo di perequazione rispetto alle attuali fasce. E, poiché non è più possibile chiedere un contributo di solidarietà per gli assegni d’oro e d’argento, non è escluso che gli incrementi possano essere associati al Isee.

L’obiettivo è quello di ridurre le diseguaglianze che con l’inflazione aumentano proprio perché salari e pensioni basse non sono in grado di contrastare il fenomeno.

E, come risulta dai dati annuali di recente presentati dall’Inps, in Italia 4 pensionati su 10 percepiscono meno di 12 mila euro all’anno di pensione.

Si tratta di circa 6,4 milioni di pensionati ai quali dovrà essere garantita necessariamente la piena rivalutazione degli assegni. A scapito di chi non ha necessità di difendere il potere di acquisto perché gode di rendite alte.