La Tobin Tax è una delle più odiose tasse per gli investitori. Non fa notizia come il bollo auto o il canone Tv, ma chi la conosce bene sa che non è facile evitare di pagarla. Non tutti gli Stati europei l’hanno introdotta, ma, fra i big, Italia, Francia e Spagna la fanno pesare.

La Tobin Tax, tecnicamente detta FTT (Financial Transaction Tax), colpisce tutte le transazioni finanziarie ad eccezione di alcune tipologie di titoli e azioni a bassa capitalizzazione. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze aggiorna ogni anno l’elenco delle società quotate su Borsa Italiana soggette a Tobin Tax.

Tobin Tax, in Francia si paga di più

Fra i Paesi dove la Tobin Tax pesa di più vi è la Francia. L’aliquota dell’imposta, dal primo gennaio 2017, è salita allo 0,30%. La tassazione viene calcolata sul valore a fine giornata della transazione o posizione netta (acquisti meno vendite) per ogni strumento finanziario a esclusione dell’operatività intraday.

Per “valore della transazione” si intende il valore del saldo netto delle transazioni regolate giornalmente relative al medesimo strumento finanziario. La Tobin tax francese è applicata sulle operazioni di acquisto di titoli azionari emessi dalla società con sede in Francia e con una capitalizzazione, relativa all’anno precedente, superiore ai 1 miliardo di euro.

In Italia si paga meno ma colpisce di più

Come in Francia, la Tobin Tax è applicata dall’intermediario finanziario, che agisce da sostituto di imposta, ed è pari a 0,10% del saldo netto delle transazioni giornaliere.

A differenza che in Francia, però, da noi l’imposta colpisce tutte le società quotate con sede in Italia e capitalizzazione superiore a 500 milioni di euro. Pertanto sono maggiori i titoli azionari soggetti a imposta rispetto ai cugini d’oltralpe.

L’effetto evidente è che la borsa di Milano è fra le meno gettonate dagli investitori.

Il listino si sta inoltre arricchendo di piccole società che vengono quotate sul segmento Star o Aim, preferendo le grosse approdare su piazze straniere dove la Tobin Tax non c’è.

Il fallimento della Tobin Tax in Italia

Dalla Tobin Tax ci si attendeva un gettito fiscale da 1,5-2 miliardi di euro all’anno. Nel 2020 non si è arrivati manco a 600 milioni e gli anni prima non sono stati migliori. Cosa è successo?

La tassa, come noto, colpisce indistintamente la maggior parte degli investitori italiani attraverso una piccola trattenuta sull’acquisto di azioni, derivati e altri strumenti finanziari quotati alla borsa valori di Milano.

Estendendola a quasi tutti gli strumenti finanziari partecipativi, per l’investitore non c’è scampo. Le vie di fuga sono quelle di rivolgersi a piazze finanziarie diverse dall’Italia (non tutte), dove non si paga. In Francia, invece, benché si paghi tre volte di più che in Italia, la maggior parte delle società quotate è esente perché la capitalizzazione non supera il miliardo di euro.

Fuga di capitali

Una cosa assurda. Il governo Monti, che introdusse la Tobin Tax nel 2013, ha così incentivato la fuga di capitali verso l’estero. Stiamo parlando naturalmente di investitori retail (non professionali), con regolare residenza fiscale in Italia. Ed ecco spiegato il motivo dell’insuccesso della Tobin Tax a distanza di 8 anni dal suo ingresso sul palcoscenico finanziario.

L’amara verità è poi che la speculazione non è stata tassata con l’introduzione della Tobin Tax. I traders, che la conoscono bene, aprono e chiudono le operazioni in giornata (day traders) senza pagare nulla. Mentre chi di finanza (e speculazione) ci capisce poco, ma vuole comunque investire nel medio o lungo periodo, viene massacrato. Salvo, appunto, preferire piazze finanziarie straniere.