Si discute anche di ticket sanitario nella manovra di bilancio per il 2020. Il Parlamento sta infatti studiando la rimodulazione del pagamento delle prestazioni sanitarie erogate dalle Regioni in base alle fasce di reddito, secondo il principio che chi ha di più pagherà di più, per favorire chi invece fatica ad accedere alle prestazioni sanitarie. L’intenzione è poi quella di eliminare i superticket sanitari.

Secondo il ministro alla salute Roberto Speranza, è indispensabile riordinare la spesa sanitaria rivendendo il sistema di pagamento dei ticket.

O meglio, facendo pagare il costo del ticket in base al reddito delle famiglie ed escludendo dalle esenzioni i più abbienti. Passando anche attraverso la soppressione del superticket di 10 euro che non consente a molte persone in difficoltà di accedere alle prestazioni sanitarie e che, all’atto pratico, non porta grossi introiti nelle casse delle Regioni.

La riforma del pagamento ticket sanitario

La riforma prevista dal ministro alla Salute si basa essenzialmente sul principio che “chi ha di più deve pagare di più, chi ha di meno deve pagare di meno“. Dovranno quindi essere le condizioni economiche, non solo reddituali, a stabilire il costo dei ticket sanitari a carico del contribuente, fatta salva la concorrenza della spesa sanitaria a carico dello Stato nel rispetto dei principi sanciti dalla Costitusione. Allo scopo si pensa di introdurre come sistema di controllo e verifica anche l’Isse che calcoli, non solo dei redditi da lavoro, ma anche il patrimonio mobiliare e immobiliare della famiglia. Un sistema più equo e giusto che tenga conto, non solo delle esenzioni per le fasce di età, ma anche per consistenza del reddito e del patrimonio disponibile a concorrere alla spesa sanitaria nazionale. Con le dovute eccezioni per la fasce sociali più deboli e per le malattie croniche o i farmaci salvavita.

Subito la cancellazione del superticket

Tuttavia, per il premier Giuseppe Conte, la riforma del ticket sanitario non sarà inserita in manovra 2020 ma, con ogni probabilità, sarà discussa in una fase successiva.

In manovra sarà con ogni probabilità discussa l’abolizione del superticket sanitario, ma niente di più per adesso. “Il capitolo ticket è programmato – ha detto il premier -, ma non domattina. Il nostro progetto non scade a dicembre ma è da attuare nel corso della legislatura”. Serve più tempo, quindi, per attuare bene la riforma che, benché corretta e orientata nel rispetto dell’equità sociale, ha bisogno di più tempo per essere studiata e implementata. Così come per la rimodulazione degli scaglioni e delle aliquote Irpef di cui si sta discutendo animosamente fra le forze politiche.

Ma a pagare di più sarebbero gli onesti

Una presa di tempo che serve anche a dipanare i dubbi che sono scaturiti sulla riforma del pagamento del ticket sanitario. In dettaglio, la riforma prevede che la prestazione sanitaria verrebbe pagata dal cittadino fino a un limite massimo annuale stabilito dallo stato, in base al reddito. Una sorta di franchigia. Superata tale soglia, il contribuente non pagherebbe più nulla. Ed è proprio su tale limite che non si riesce a trovare la quadra poiché lo Stato dovrebbe assegnare una soglia definita in base ai redditi dichiarati prendendo per buone le dichiarazioni rilasciate dai cittadini per i redditi presunti con beneficio di verifica da parte della pubblica amministrazione ed eventuale macchinosa azione di recupero delle differenze qualora i redditi siano diversi. E’ chiaro che in un contesto simile, è difficile verificare e sgravare la sanità da simili incombenze col risultato che la spesa sanitaria non diminuirebbe.