C’è un ostacolo in più all’opzione di cessione del credito o sconto in fattura riguardante il superbonus 110% di cui poco si parla ma che potrebbe limitare notevolmente la possibilità di scelta delle due predette alternative. Vediamo di cosa si tratta.

Superbonus 110%: le tre alternative di utilizzo

Il superbonus 110%, introdotto dal decreto Rilancio per le spese fatte dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, si concretizza in una detrazione fiscale (da ripartire in 5 quote annuali di pari importo) a fronte di oneri sostenuti per la realizzazione di:

  • interventi di isolamento termico sugli involucri di edifici esistenti;
  • sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni di edifici condominiali;
  • sostituzione di impianti di climatizzazione invernale sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti;
  • interventi antisismici.

Rientrano nel superbonus, purché eseguiti congiuntamente insieme ad almeno uno delle suddette opere principali (c.d. interventi trainanti) anche:

  • gli interventi di efficientamento energetico
  • l’installazione di impianti solari fotovoltaici
  • le infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici.

A fronte dei citati lavori (trainanti e trainati), tuttavia, è data possibilità al contribuente di optare, in luogo della detrazione fiscale, per lo sconto diretto in fattura oppure per la cessione del credito.

Lo sconto in fattura e la cessione del credito per il superbonus 110%

Una prima possibile alternativa alla fruizione diretta della detrazione fiscale da superbonus 110%, è l’opzione per un contributo anticipato sotto forma di sconto in fattura da parte dell’impresa esecutrice dei lavori. Lo sconto non può essere superiore al corrispettivo e l’impresa a sua volta lo recupera sotto forma di credito d’imposta di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successive cessioni di tale credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

Esempio

Nel caso in cui il contribuente sostenga una spesa pari a 30.000 euro alla quale corrisponde una detrazione pari a 33.000 euro (110%), a fronte dello sconto applicato in fattura pari a 30.000 euro, il fornitore maturerà un credito d’imposta pari a 33.000 euro.

L’altra alternativa alla detrazione fiscale è l’opzione per la cessione di un credito d’imposta corrispondente alla detrazione spettante, ad altri soggetti, ivi inclusi la stessa impresa esecutrice dei lavori e gli istituti di credito e altri intermediari finanziari, che a loro volta possono optare per successive cessioni.

Superbonus 110%: il problema del credito incapiente

Sia nel caso dello sconto in fattura che in caso di cessione del credito, l’utilizzo del credito d’imposta che viene a maturare in capo al cessionario (ad esempio l’impresa esecutrice dei lavori), avviene in compensazione in F24 (quindi l’impresa ad esempio utilizzerà il credito per versare in “compensazione” il proprio debito IRPEF). Sotto tale aspetto occorre considerare, tuttavia, due fondamentali regole da rispettare, ossia:

  • il credito d’imposta è usufruito con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione (quindi, in quote annuali);
  • la quota di credito d’imposta non utilizzata nell’anno non può essere usufruita negli anni successivi, e non può essere richiesta a rimborso.

Queste due regole sono quelle che potrebbero limitare il campo di applicazione dell’opzione di sconto o cessione del credito, poiché l’impresa che esegue i lavori potrebbe avere tributi incapienti da compensare e quindi perdere una parte del credito ricevuto. Un esempio ci aiuterà a capire.

Supponiamo che il contribuente sostenga una spesa pari a 40.000 euro alla quale corrisponde una detrazione pari a 44.400 euro (110%). Questi vorrebbe optare per lo sconto in fattura. In questo caso se l’impresa accettasse tale opzione, a fronte dello sconto applicato in fattura pari a 40.000 euro, maturerebbe un credito d’imposta pari a 44.400 euro.

Questo credito potrà essere utilizzato in compensazione in 5 quote annuali di pari importo (quindi 8.800 euro all’anno). Ora supponiamo che l’impresa paghi in media tributi annuali (IRPEF, IVA, ecc.) per euro 5.000. Sulla base della regola di cui al punto 2), poiché la quota di credito d’imposta non utilizzata in compensazione nell’anno non può essere usufruita negli anni successivi, e non può essere richiesta a rimborso, l’impresa perderà in media 3.300 euro di credito annui che non potranno essere utilizzati in compensazione (e che moltiplicati per 5 diventano 16.500 euro).

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