Tasse sui negozi troppo alte: e così se bar e ristoranti abbassano le saracinesche, molti gestori si danno alla nuova moda dello street food. I semplici chioschi si sono trasformati in paninoteche e ristoranti ambulanti specializzati in gastronomia a km zero di prodotti locali oppure in cucina esotica. I festival di street food raccolgono grande affluenza in tutta Italia ma non mancano le polemiche. La Confcommercio ha lanciato l’allarme sottolineando come, in termini di vitalità e appeal per le città, la mancanza  di bar e ristoranti non può essere sopperita dalle apette dello street food mobili.

Un fenomeno al quale si assiste soprattutto al sud, con punte a Palermo e a Lecce dove il numero di venditori di cibo ambulanti è, rispettivamente, quadruplicato e raddoppiato.

Autorizzazioni street food: requisiti, regole e permessi

Quando si parla di street food bisogna in primis distinguere tra licenza ambulante di tipo A e B: la prima permette di ottenere un posto fisso al mercato, la seconda invece dà diritto a lavorare come ambulanti itineranti. A livello professionale è richiesta la frequentazione del corso HACCP.

Questo a livello nazionale: poi si consiglia comunque di informarsi sulle regole a livello regionale e locale (ad esempio ci sono alcuni Comuni che non consentono la sosta di un furgoncino per più di un’ora nello stesso luogo).

Street food all’estero conviene di più?

Anche in questo settore non mancano gli italiani che scelgono di emigrare all’estero attratti dalla burocrazie più snella. Non solo: i prodotti italiani agli stranieri piacciono e sono disposti a pagare di più per le nostre eccellenze quindi quest’attività può essere più redditizia oltre confine.

Per poter iniziare questa attività serve anche una SCIA – Segnalazione Certificata di Inizio Attività – ovvero una dichiarazione che esonera dall’attesa dell’autorizzazione da parte degli enti competenti.