Lo smart working, a causa dell’emergenza sanitaria del coronavirus e delle relative politiche di contenimento adottate dal nostro Paese, è diventato negli ultimi mesi una realtà assoluta.
Ad aprile 2021, ben 7,3 milioni di lavoratori hanno dovuto fare i conti con l’istituto del lavoro agile.

Una recente ricerca condotta dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro ha fatto emergere luci e ombre sullo smart working. Vediamo meglio di cosa si tratta.

Smart Working, opinioni contrastanti

Secondo un recente report pubblicato dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro sul proprio sito, l’istituto dello smart working è contrastato da opinioni estremamente diverse.


4 su 10 degli smart workers intervistati vorrebbero tornare stabilmente in azienda, mentre il 10,7% cercherebbe un qualsiasi altro lavoro pur di svolgerlo da casa.
Lo smart working, insomma, divide gli italiani, ma il bilancio è positivo sul fronte dell’aumentata possibilità di conciliare i tempi di vita e di lavoro, anche se emergono alcune criticità.
Purtroppo, continua il report, il lavoro agile ha avuto anche delle ricadute pratiche, in termini di spesa e disturbi fisici legati a postazioni domestiche inadeguate.
Ad ogni modo, si legge nel report:

Il 71,1% degli intervistati dichiara di aver diminuito le spese per spostamenti, vitto e vestiario, investendo in consumi legati al tempo libero nel 54,7% dei casi, ma il 48,3% paga il conto per l’utilizzo di sedie e scrivanie improvvisate e il 39,6% lamenta l’inadeguatezza degli spazi e delle infrastrutture, come i collegamenti di rete.

 

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