Smart working sì o no? C’è chi lo vuole per sempre (aziende e lavoratori) e chi invece vorrebbe far rientrare i dipendenti in ufficio al più presto. Si tratta in questo secondo caso di tutto l’indotto che vive del lavoro in presenza (bar, ristoranti, negozi, servizi, ecc.).

C’è da dire che la pandemia non ha stravolto il modo di lavorare, ma ha accelerato il processo di telelavoro già possibile da 20 anni. La digitalizzazione e internet hanno creato i presupposti per lo smart working già da tempo e in molti Paesi del mondo era già una realtà affermata ancora prima del coronavirus.

In Italia, invece, si è rimasto fermi al passato e lavorare da casa è sempre stato visto male un po’ da tutti. C’è voluto il lockdown per dare una svolta epocale al modo di lavorare, soprattutto nel settore terziario.

I vantaggi dello smart working

Adesso che impiegati, professionisti e aziende hanno sperimentato i vantaggi dello smart working, non vogliono più abbandonarlo. Insomma, bisogna sbatterci la testa per capirlo, quando altrove l’avevano già messo in pratica da anni. Protestano artigiani e commercianti che non riempiono più bar e ristoranti come prima, ma – a ben guardare – per i lavoratori era tutto uno spreco di tempo e di denaro. Così come per le aziende che non devono preoccuparsi di gestire gli spazi, tenere gli uffici puliti, a norma di sicurezza e funzionali a ogni esigenza. Quindi, tornare indietro sarà difficile, oltre che controproducente per chi lavora e dà lavoro.

In Germania e in Francia i rispettivi governi stanno per introdurre una legge che obbliga le aziende a concedere il lavoro agile a chi lo richiede. Allo stesso tempo verranno individuati nei settori della pubblica amministrazione quei servizi e uffici dove lo smart working sarà la regola anche se non viene richiesto dal lavoratore.

E in Italia? Anche da noi il governo Conte sta per attuare una importante regolamentazione del lavoro agile. Il 15 ottobre 2020 scade il meccanismo semplificato che consente al datore di lavoro, sia esso pubblico che privato, di ricorrere allo smart working.

Nuove regole in arrivo per lo smart working

Dal 16 ottobre, lo smart working sarà consentito solo mediante accordi individuali fra datori di lavoro e lavoratori. Ma entro quella data il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ha intenzione di intervenire sulla materia regolamentando lo smart working con apposite normative. Anche perché l’emergenza sanitaria non è finita. Sarà poi la contrattazione collettiva a disciplinare il lavoro agile, con un ruolo più marcato da affidare ai contratti nazionali o aziendali che potranno normare temi come il diritto alla disconnessione, affrontare la conciliazione vita-lavoro ad esempio per evitare penalizzazioni per le lavoratrici su cui gravano già i carichi di cura dei familiari, od occuparsi dell’erogazione dei buoni pasto.

Lavoro PA al 60% da casa

In questo contesto merita particolare attenzione la pubblica amministrazione. Tra le ipotesi allo studio c’è quella di estendere lo smart working dal 50% al 60% in linea con quanto stabilito dal ministro della PA, Fabiana Dadone. In un recente seminario organizzato dal M5S, il ministro Catalfo ha ricordato che

“il lavoro agile nella pubblica amministrazione è stato molto utilizzato: al ministero del Lavoro più dell’80% di lavoratori sono stati messi in smart working. Anche nelle altre amministrazioni si è ricorso in maniera massiccia al lavoro agile con piena soddisfazione del personale e notevoli risparmi di spesa pubblica”.

Comuni, Regioni, Ministeri, Agenzie, ecc. dovranno quindi mettersi nell’ottica che il lavoro sarà sempre più svolto da remoto piuttosto che in presenza dall’ufficio. La produttività ne ha tratto giovamento in questi mesi del 2020 e anche le amministrazioni possono finalmente tagliare sui costi esorbitanti.