Quali sono i limiti e i divieti, se esistono, al secondo lavoro nel pubblico e nel privato? Nei due comparti la normativa è diverse quindi è bene per questioni di chiarezza analizzarle separatamente.

Secondo lavoro privato: il datore può vietarlo?

Cresce il numero dei dipendenti privati che svolgono un secondo lavoro per arrotondare lo stipendio. In molti casi si tratta di un lavoro autonomo a ritenuta d’acconto o partita IVA, spesso di un hobby trasformato in un modo per incrementare i guadagni e coprire alcune spese.

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Una recente sentenza della Cassazione è intervenuta a regolare il diritto del lavoratore part time a svolgere un secondo lavoro. In ogni caso anche chi è assunto a tempo pieno può dedicarsi, fuori dagli orari di lavoro, ad un’altra attività. Il datore di lavoro quindi può opporsi se lo svolgimento del secondo lavoro è incompatibile a livello di orari con quello che già si svolge regolarmente.

Diverso è poi il discorso della fedeltà al datore di lavoro: non si può lavorare contemporaneamente per due aziende concorrenti se questo comporta il rischio di pratiche di spionaggio o concorrenza sleale.

Secondo lavoro nel pubblico: è sempre vietato?

Nel comparto pubblico la situazione è, sotto un certo profilo, diametralmente opposta: la regola generale è infatti che il dipendente pubblico non possa avere un secondo lavoro (come confermato per le Forze Armate dalla sentenza della Corte dei Conti numero 216/2014). Tuttavia esistono delle eccezioni importanti che partono dalla considerazione di fatto che non tutti i lavori pubblici sono uguali e danno adito agli stessi problemi di compatibilità.

Più nello specifico è fatto divieto ai dipendenti pubblici di:

• assumere incarichi presso datori di lavoro privati e società aventi scopo di lucro;
• esercitare attività commerciali o industriali;
• svolgere incarichi retribuiti non attribuiti dall’amministrazione di appartenenza.
L’eventuale secondo lavoro del lavoratore pubblico deve essere sottoposto ad autorizzazione da parte della PA di cui è dipendente per via del dovere di esclusività.


L’incompatibilità quindi è solo relativa perché sottoposta ad autorizzazione.

Resta inteso che il secondo lavoro non dovrà:

• essere vietato dalla legge;
• compromettere l’impegno e l’efficienza nel lavoro per la Pubblica Amministrazione;
• configurare un conflitto d’interesse.

In questi casi infatti l’incompatibilità è assoluta.

Ci sono infine impieghi pubblici per i quali, invece, non è necessaria l’autorizzazione (ad esempio per lo svolgimento di un incarico retribuito con un semplice rimborso spese documentate) e intere categorie di lavoratori nel pubblico impiego esonerate dalla richiesta di autorizzazione (insegnanti, personale sanitario, docenti universitari etc).
Il dipendente pubblico che non rispetta le disposizioni sul doppio lavoro è soggetto a sanzioni che vanno dalla diffida al licenziamento per giusta causa.