Gli statali hanno incrociato le braccia. Da casa, in smart working. E’ la prima volta nella storia d’Italia che si proclama uno sciopero in periodo di piena pandemia per chiedere aumenti in busta paga.

Sembrerebbe assurdo, ma è andata proprio così. La maggior parte dei dipendenti pubblici non avrebbe acceso il Pc e non si sarebbe collegata a internet per l’intera giornata del 9 dicembre. Un segno di protesta contro il mancato rinnovo del contratto del pubblico impiego.

Sciopero statali, un fallimento annunciato

Rivendicazioni più che legittime, ma inopportune in questo momento di crisi emergenziale.

Tant’è che lo sciopero sembra non aver avuto successo e i sindacati sembrano su un altro pianeta. I numeri, ancora precari, parlano chiaro: solo un dipendente pubblico su cinque si sarebbe astenuto dal lavoro. Nel comparto scuola le adesioni sarebbero intorno al 5%. Dal punto di vista geografico, il Nord ha scioperato meno del Sud, mentre la più alta partecipazione si sarebbe registrata nel Lazio, ma sempre con adesioni del 20-25%.

Insomma, gli statali questa volta non avrebbero seguito le raccomandazioni dei sindacati. Tanto nelle scuole (didattica a distanza) quanto nella sanità e negli altri servizi essenziali, pochissimi avrebbero aderito allo sciopero e, anzi, si sarebbero recati al lavoro regolarmente. Del resto, il periodo di difficoltà del Paese, non lascia spazio a ripensamenti e a dubbi.

Lavoratori pubblici super garantiti

Oltretutto bisogna dire che in questo momento le differenze sociali si sono ampliate. Mentre i lavoratori pubblici, godono (da sempre) di ampie garanzie, i lavoratori privati rischiano il posto di lavoro. Oggi più di ieri. Le aziende hanno fatto ricorso massiccio alla cassa integrazione (cosa non prevista per i dipendenti pubblici) e sono pronte a licenziare dopo il 31 marzo 2021 quando finirà il blocco.

Non solo, le retribuzioni dei dipendenti pubblici sono mediamente più alte di quelle del settore privato.

Negli anni la forchetta è andata ampliandosi al punto che si parla più di privilegi che di stipendi. Oggi, poi, gran parte della pubblica amministrazione è in smart working, cioè lavora comodamente da casa in pantofole. Mentre gli operai sono costretti a spostamenti quotidiani per recarsi in fabbrica o sul luogo di lavoro. Con maggiori rischi di contagio da Covid-19, naturalmente. E i dati Inail sono impressionanti da questo punto di vista.

Gli stipendi degli statali

A parte le garanzie contrattuali, poi, un dipendente pubblico guadagna mediamente di più di uno privato. Così all’indignazione popolare suscitata per la proclamazione dello sciopero in questo momento, si somma anche quella dei colleghi lavoratori privati.

Secondo varie ricerche, fra cui quella più recente dell’Osservatorio sui conti pubblici diretto da Carlo Cottarelli, le retribuzioni del settore statale in Italia sono in linea con quelle di altri Paesi europei, ma superiori a quelle dei privati.

“Nel 2010 – si apprende da una nota – lo scarto sarebbe stato in media del 35% salvo poi ridursi per il perdurante blocco dei contratti. Attualmente il differenziale è  ancora del 24% (36.350 euro lordi l’anno contro 29.260). Il dato dei 36.000 euro (riferito al 2018) è confermato da Aran, l’agenzia che rappresenta lo Stato alle trattative” .

Le altre ragioni dello sciopero

Ma veniamo ai motivi dello sciopero proclamato dai sindacati: la prima rivendicazione, come detto, è quella del rinnovo dei contratti, scaduti da due anni. Fatto per il quale le parti sociali sono già state convocate al Ministero del lavoro il 10 dicembre per negoziare un rinnovo da proporre in legge di bilancio. Soldi, quindi, circa 105 euro in media in più a testa.

Le altre rivendicazioni sindacali sono la fotocopia di quanto viene richiesto da 30 anni a questa parte. E cioè: maggiore sicurezza sui luoghi di lavoro, stabilizzazione del precariato (soprattutto nella scuola) e più assunzioni.