I disordini in corso in Francia per la riforma pensioni non sono da trascurare. In Italia, infatti, il dibattito fra Governo e parti sociali sulla riforma previdenziale 2024 è stato interrotto (non a caso) proprio per non suscitare lo stesso clima che sta vivendo il Paese transalpino.

Come noto, con la riforma recentemente approvata dal Parlamento francese, l’età pensionabile si allinea alla media nell’Unione europea. Una decisione apparentemente naturale, ma che nel dettaglio nasconde pericolose insidie e tagli per i lavoratori.

La riforma pensioni in Francia

Di fatto, la legge prevede che l’età pensionabile salirà progressivamente da 62 a 64 anni, ma poi occorrono almeno 43 anni di contributi per ottenere una pensione piena. Chi non li ha subisce dei tagli, anche pesanti. Ed è questo che sta facendo infuriare i lavoratori francesi. Anche perché la pensione con 43 anni di contributi, cioè piena, prevede un tasso di sostituzione del 50% dell’ultimo stipendio. Figuriamoci come sarebbe con meno anni di lavoro alle spalle.

Una riforma particolarmente penalizzante, dunque, rispetto a quanto avviene in Italia. Anche se il sistema di calcolo della rendita francese è retributivo e non tendenzialmente contributivo come da noi. Anche il livello di tassazione della pensione, però, è più alto in media se lo si paragona al nostro. Differenze che, tutto sommato, rendono il sistema simile alla fine dei conti.

Per cui, non è solo una questione di età della pensione che sale di 2 anni, ma soprattutto di tagli agli assegni. Cosa che da noi non è (ancora) successo. O, almeno, è accaduto in parte per le pensioni anticipate con Opzione Donna o con le mancate rivalutazioni piene sopra i 2.100 euro al mese. Mentre è stata allungata con la Fornero l’età pensionabile.

I rischi per l’Italia

Cosa significa questo per la politica in generale? Ebbene, se i lavoratori francesi dovessero spuntarla contro il Governo e il presidente Emmanuel Macron, è probabile che l’onda lunga del dissenso possa spostarsi anche in Germania e in Italia.

Berlino è alle prese con manifestazioni, per ora ancora embrionali, sulla questione dell’aumento dei salari minimi. Cosa direttamente collegata alle pensioni che devono essere sostenute alla base.

In Italia, invece, il punto dolente riguarda le pensioni anticipate che tendenzialmente stanno sparendo. Con la fine di Quota 103 a fine anno e senza una alternativa (Quota 41?), il rischio è che anche da noi i lavoratori possano scendere in piazza. Non tanto per l’importo delle pensioni che sono comunque mediamente più alte che nel resto d’Europa se rapportate ai salari, quanto per l’età pensionabile.

Così, se i lavoratori francesi la dovessero spuntare e far decadere la legge appena approvata si creerebbe un precedente. E c’è il rischio che anche in Italia si scenda in piazza prima o poi. Un passo che non è difficile immaginare se il Governo proseguirà con la politica dei tagli, non più rinviabili. Del resto, da noi la spesa pensionistica è fra le più alte d’Europa e il sistema già di per sé non regge più.