Intorno alle pensioni si svolge parte della campagna elettorale. Il bacino di utenza in Italia è molto grande e la difesa degli interessi dei lavoratori prossimi alla pensione non è secondaria ad altri temi.

Tanto a sinistra come a destra, quindi, si accavallano le idee per riformare il sistema delle pensioni. E per evitare il ritorno integrale alla Fornero per tutti, ogni partito snocciola idee e programmi a volte irrealizzabili.

La riforma pensioni secondo il PD

Il centro destra ha già detto che vorrebbe introdurre Quota 41 e portare le pensioni minime a 1.000 euro.

Su questo aspetto è stato molto chiaro, anche se i buoni propositi si scontano con disponibilità di bilancio impossibile per quest’anno.

Il centro sinistra appare più morbido e non sembra avere tanto le idee chiare sul da farsi. Tuttavia Quota 41 non disdegnerebbe manco Enrico Letta, segretario del PD, e le parti sociali. Ma l’idea è ormai cavalcata dalla Lega e poi servirebbero 18 miliardi di euro solo per i primi tre anni. Dove trovare tanta abbondanza quando lo Stato dovrà dapprima tirar fuori 21-22 miliardi per rivalutare le pensioni dal 2023?

La cosa è quindi irrealizzabile. Anche perché il premier Mario Draghi ha già messo il veto su qualsiasi riforma pensioni che non sia finanziariamente sostenibile. E tempo per aggirare l’ostacolo entro fine anno non ce n’è. Per cui il ritorno alle regole Fornero per tutti pare già scontato nei tempi.

La flessibilità in uscita

Potrebbe però farsi strada l’idea di potenziare il pensionamento anticipato con le regole di Ape Sociale. Sul punto, Cesare Damiano, esperto di previdenza ed ex ministro del Lavoro, ritiene opportuno sostenere l’uscita flessibile, magari facendo leva maggiormente sul tipo di lavoro svolto.

Il presidente della Commissione lavori usuranti (in quota PD) preme infatti per allargare il perimetro di Ape Sociale a chi svolge mestieri gravosi, non ancora inclusi nel diritto all’anticipo pensionistico.

La lista stilata lo scorso anno è lunga e finora utilizzata solo in minima parte.

Molti lavoratori meritano di rientrarvi. A partire dagli insegnati delle scuole secondario dopo che sono stati agevolati all’uscita pensioni con Ape Sociale quelli delle scuole primarie. Ma anche i taxisti o gli infermieri. Insomma tante altre categorie di lavoratori finora rimasti ingiustamente esclusi.

Per chi svolge un lavoro normale, non gravoso o usurante, invece, dovrebbe essere concessa la possibilità di uscire a 63-64 anni con una piccola penalizzazione. Una proposta che era già stata presa in esame dall’economista Michele Raitano.