Andare in pensione prima con piccola penalizzazione. E’ questa l’ultima ipotesi su cui stanno lavorando parti sociali e governo per la prossima riforma che dovrà vedere la luce nel 2023.

Il premier Draghi, come noto, ha fatto sapere di essere aperto e disponibile a qualsiasi confronto a patto che il cambiamento sia sostenibile finanziariamente. In altre parole, si potrà andare in pensione prima, ma solo con penalizzazione.

In pensione prima, l’ipotesi Raitano

Così è dell’ultima ora l’ipotesi avanzata da Michele Raitano, membro della commissione tecnica presso il Ministero del Lavoro, di una penalizzazione per ogni anno di anticipo della rendita.

Un meccanismo già noto, a dire il vero, ma mai preso seriamente in considerazione.

L’ipotesi di pensione anticipata avrebbe ripercussioni sul calcolo della rendita a valere sui contributi versati nel sistema retributivo (ante 1996). Ricalcherebbe quanto già avviene in altri Paesi, come Usa e Germania.

In buona sostanza, più si anticipa l’uscita dal lavoro rispetto ai requisiti ordinari e più si perde di pensione. Scoraggiando così chi intende lasciare il lavoro molti anni prima rispetto agli attuali 67 previsti dalla vecchiaia.

Un taglio del 3% della quota retributiva

Secondo Raitano, la formula sarebbe di un taglio del 3% circa della sola quota retributiva di pensione per ogni anno di anticipo della pensione. Ovviamente si partirebbe da una età minima che potrebbe essere di 64 anni, in linea con l’età media di pensionamento in Italia.

Prendendo a riferimento unicamente le pensioni anticipate e di vecchiaia l’età di ritiro fra i dipendenti privati è attualmente pari a 64,1 e 63,2 anni, rispettivamente fra donne e uomini. Mentre l’età di pensionamento effettiva è lievemente più elevata (64,8 e 64,0) nelle gestioni autonome Inps”.

In pratica, la proposta di Raitano non fa altro che anticipare la fine del sistema retributivo, prevista per tutti nel 2035. Si sposterebbe quindi l’ago della bilancia del sistema di calcolo misto della pensione in avanti di qualche anno.

Benché la proposta sia fattibile, resta sempre da valutare l’impatto sui conti nel lungo periodo. Perché, se da un lato si taglia l’assegno, dall’altro lo Stato deve pagare la pensione per un periodo più lungo. Ecco quindi che l’età di uscita assume una importanza non indifferente in questo caso.