Manca poco alla scadenza di quota 100 e ancora non c’è un piano per la riforma pensioni 2022. Finora solo chiacchiere e proposte, più o meno evanescenti. Ipotesi date in pasto ai media per sondare gli animi e le reazioni.

In concreto, però, la riforma pensioni sembra a un punto morto e con la fine di quota 100 il rischio di tornare alla Fornero è evidente. Cosa che tutti vogliono evitare, ma non ad ogni costo. La spesa pensionistica italiana è troppo alta e altre manovre a debito non si possono fare.

Riforma pensioni e allarme di Bankitalia

Così a rimarcare la necessità di non fare ulteriore ricorso al debito pubblico (già altissimo) è il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. In proposito, avverte il banchiere nazionale

il debito non può essere impiegato a copertura delle spese correnti

Del resto è ormai evidente che la spesa pensionistica è destinata a salire nei prossimi 20 anni per effetto delle dinamiche demografiche. E ampliare il perimetro dell’intervento pubblico senza adeguate e permanenti coperture finanziarie (quindi, maggiori tasse) è pericoloso per gli equilibri di bilancio.

Il discorso calza bene con quanto già raccomandato dal Ocse all’Italia in una recente audizione al Senato. Gli emissari dell’Organizzazione consigliano infatti di eliminare quota 100 e allungare l’età pensionabile a tutti.

La scappatoia secondo l’Inps

Anche l’ultima proposta di riforma pensioni avanzata dal governo (quota 102) e presentata a Bruxelles, sembra lasciare il tempo che trova. Partiti di maggioranza e sindacati sono tutti contrari e difficilmente il Parlamento la approverà.

Così, dietro le quinte, si analizza a fondo la proposta del presidente Inps Pasquale Tridico per un pensionamento a rate. Si tratta della così detta pensione flessibile che prevede il pensionamento a 63 anni in due fasi e con almeno 20 anni di contributi versati. Una opzione penalizzante rispetto a quanto previsto da quota 100, ma sostenibile a livello finanziario nel tempo.

Quindi, pensionamento anticipato al raggiungimento dei 63 anni per la sola parte contributiva accumulata. Al compimento dei 67 anni, poi, sarebbe liquidata la restante parte retributiva.

Di fatto un anticipo pensionistico che consentirebbe ai lavoratori di evitare lo scalone Fornero e di uscire prima dal lavoro con una pensione ridotta, ma solo temporaneamente. Il costo per lo Stato? 2,5 miliardi di euro per i primi tre anni.