La riforma fiscale che verrà non può prescindere da una riduzione del prelievo delle tasse sul ceto medio. In Italia, con gli anni, si è creata una sperequazione enorme fra chi guadagna poco e chi guadagna tanto.

Il risultato, oggi, è che la pressione del fisco cade per la maggior parte sul ceto medio. E’ necessario, quindi, che la riforma fiscale alleggerisca il prelievo sulle buste paga della classe media e che si renda omogenea e strutturale la capacità contributiva.

La riforma fiscale

Non è quindi passando da una patrimoniale o da un inasprimento delle imposte su donazioni e successioni, come chiede il PD, che si risolve il problema.

Questi – come ha fatto notare Silvio Berlusconi – solo i soliti slogan tanto cari alla sinistra che lasciano il tempo che trovano e non risolvono il problema alla base.

Serve, inoltre, una riforma fiscale che sollevi dal pagamento dell’Irpef chi guadagna meno di 1.000 euro al mese. La pandemia ha messo in evidenza tutte le storture e inadeguatezze di un fisco iniquo e vessatorio verso i più deboli deteriorando la classe media.

Chi paga le tasse

Per capirlo meglio basta vedere chi paga le tasse in Italia. I contribuenti delle fasce di reddito lordo annuo fino a 15 mila euro sono 18.156.997, pari al 43,88% del totale, cui corrispondono 26,49 milioni di abitanti.  Costoro versano il 2,42% di tutta l’Irpef, pari a 4,15 miliardi di euro e anche pochissimi contributi sociali, per cui con molte probabilità saranno dei futuri anziani assistiti.

Sono invece 5,7 milioni i contribuenti che percepiscono tra i 15.000 e i 20.000 euro di reddito lordo annuo. Essi versano il 6,56% dell’Irpef totale, pari a 11,255 miliardi. Un importo insufficiente a coprire per intero anche il solo costo pro capite della spesa sanitaria. 

In totale questi tre scaglioni di reddito rappresentano circa il 60% della popolazione e versano il 9% dell’Irpef totale, circa 15 miliardi di Irpef, risultano a quasi totale carico dello Stato.

E’ quindi necessario rivedere qualcosa con la riforma fiscale.

Il grosso del carico fiscale pesa invece sul 13% dei contribuenti con redditi da 35 mila euro in su. Costoro versano circa il 59% di tutta l’Irpef e non beneficiano, se non marginalmente, di bonus, sconti, agevolazioni, detrazioni e deduzioni. In altre parole 5,5 milioni di persone su oltre 41 milioni pagano tasse per mantenere la maggior parte dei contribuenti. In percentuale, il 13% di essi mantiene un altro 57%, mentre il restante 30% è autosufficiente.

Riduzione degli scaglioni Irpef

Sicché, a pagare meno dovrà essere chi lavora e produce, in particolare nella fascia media. Se sarà necessario redistribuire il prelievo Irpef con la riforma fiscale, dovrà essere nei confronti di ciò che non fa crescita. Ma a una condizione: in aggregato, la pressione fiscale deve diminuire, e di tanto.

A dirlo è il presidente della commissione Finanze della Camera, Luigi Marattin (Italia viva), in vista della relazione conclusiva sulla riforma fiscale che le commissioni Finanze dei due rami del Parlamento forniranno al governo per il disegno di legge delega di luglio.

Ogni forza politica deve essere pronta a rinunciare a qualcosa, in nome di un compromesso alto e coerente da costruire con responsabilità. E con la consapevolezza che il momento per mettere mano al fisco, dopo 50 anni, è questo”.

La strada da seguire sembra quella della riduzione da 5 a 3 aliquote Irpef, ridimensionando il prelievo tra 28 e 55.000 euro, dove oggi l’aliquota media è del 38%. Ma la soluzione non è solo quella della riduzione degli scaglioni fiscali, ma anche di andamento della progressività. Questa oggi è troppo ripida e pesante sul ceto medio.