Incentivare i giovani alla formazione di nuovi nuclei familiari è la chiave centrale per la costruzione del futuro. Un concetto che, almeno in teoria, non avrebbe bisogno di spiegazioni. Eppure, l’inverno demografico continua a essere uno dei problemi principali del nostro Paese, tanto da aver acceso un dibattito ormai decennale sulla reale compatibilità fra lavoro e famiglia. Problema che si pone soprattutto per le donne, sempre più spesso poste di fronte al bivio fra dedizione alla prole e mantenimento del proprio posto.

Un nodo che, apparentemente, potrebbe figurare come una banalizzazione di una problematica in realtà ben radicata, soprattutto nel settore privato. Un punto cruciale, considerando che le incombenze del quotidiano, specie in questo momento storico, rendono l’apporto di due stipendi essenziale al funzionamento corretto del ménage familiare. In questa direzione vanno alcune proposte già sentite in campagna elettorale. A cominciare dal quoziente familiare.

Al di là dei cambiamenti sociali che hanno portato chiaramente nuove visioni del mondo, l’incidenza della routine quotidiana sulla decisione di avere figli è sicuramente aumentata. Portando in qualche modo a sottovalutare una situazione che vede la natalità sempre meno rilevante nel nostro Paese. Basti pensare che, nel 2021, sono stati solo 399.431 i nuovi bambini iscritti all’Anagrafe. Un record negativo per l’Italia.

Quoziente familiare, come funziona

Il nuovo Governo non avrà da mettere in cantiere solo riforme volte a sostenere le famiglie in questo difficile momento di crisi economica. Sul tavolo c’è lo scottante dossier dell’emergenza demografica che andrà affrontato pensando politiche del lavoro adatte a sostenere i giovani italiani nel desiderio di formare una famiglia propria. Magari anche accorciando i tempi di affrancamento dal nucleo familiare originale. Per il momento si ragiona su qualche ipotesi, dall’introduzione del quoziente familiare proposto dalla premier Giorgia Meloni al potenziamento degli asili nido e dell’Assegno unico per i figli.

Obiettivo, favorire le famiglie e incentivare la creazione di nuove. Iniziative che, chiaramente, dovranno superare l’esame del bilancio, come tutte le altre che l’esecutivo vorrà apportare per mantenere la promessa di migliorare il Paese. Per quel che riguarda il quoziente familiare, si tratta unicamente di un sistema di tassazione che tenga in qualche modo conto del carico familiare. Ossia, una revisione del peso fiscale sulla base dei figli a carico. Una sorta di correzione dell’operato del Fisco, che tassa senza tener presente l’aggravio in termini di spesa per chi mantiene una famiglia.

I due rischi

Occhio alle chiazze d’olio però. Il rischio dietro l’angolo è che il quoziente familiare vada non solo a premiare i redditi più alti ma anche a produrre l’effetto contrario a quello sperato. Ossia, disincentivare il lavoro femminile. Questo perché, tendenzialmente, le mogli guadagnano meno dei mariti e una tassazione con la medesima aliquota favorirebbe, anche in questo caso, il reddito più alto. In pratica, ai nastri di partenza, una famiglia con un coniuge a casa e l’altro con uno stipendio discreto e un regime di tassazione agevolato, sarebbe favorita rispetto a un nucleo in cui, invece, entrambi i coniugi fossero costretti a lavorare. Il tutto da inquadrare alla perfezione in termini di costi. Secondo la premier, che lo propose già in fase di campagna elettorale, non si supererebbero i 6 miliardi di euro. Una cifra importante da mettere a bilancio anche se, a suo giudizio, meno impattante di quelle utilizzate per i bonus. Non sempre in modo corretto.