Si torna ancora a parlare di Quota 41 come soluzione alternativa alle pensioni anticipate di Quota 103 in scadenza a fine anno. A premere sull’acceleratore è la Lega che propone l’uscita anticipata per tutti dopo 41 anni di lavoro a prescindere dall’età anagrafica. Ma il governo frena per questioni di sostenibilità finanziaria.

Dal punto di vista politico, dopo il disastro combinato nel primo governo Conte con l’introduzione di Quota 100, Quota 41 ha poche speranze di vedere la luce durante questa legislatura.

Almeno così come è stata concepita. Anche se l’ultima parola spetta, come sempre, ai partiti di maggioranza. Dal punto di vista tecnico, invece, Quota 41 sarebbe l’ennesimo pasticcio all’italiana sulle pensioni. Vediamo perchè.

Quota 41 non si può fare

Quota 41, cioè il pensionamento con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica, non avrebbe molto senso nel contesto attuale. Costerebbe troppo, circa 9 miliardi di euro ogni anno. E, stante il livello di debito pubblico accumulato dallo Stato e le priorità di salvaguardia delle pensioni in pagamento a causa dell’inflazione, non è possibile percorrere questa strada senza porre delle restrizioni.

Ma il punto critico è un altro. La proposta su cui punta i piedi il sottosegretario al Ministero del Lavoro Claudio Durigon presenta dei punti di discordanza con la linea di governo tracciata dalla Meloni. Il premier ha più volte ribadito che è necessario dare la priorità a chi è in difficoltà e alle categorie svantaggiate. Come confermato anche dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. Secondo il numero uno dell’Istituto

la strada da seguire è quella di approfondire gli strumenti che già oggi permettono di lasciare il lavoro a 63 anni come l’Ape sociale. Credo che si debba consentire di anticipare il ritiro dal lavoro, prima dei 67 anni, a coloro che svolgono mansioni gravose”.

Quindi, soldi che non possonoe ssere destinati a tutti indistintamente, ma solo a coloro che realmente ne hanno bisogno.

Stante anche il fatto che con 41 anni e 10 mesi già si può uscire dal lavoro in anticipo secondo le regole del nostro ordinamento.

La pensione anticipata a 41-42 anni e 10 mesi

Quota 41, quindi, come vorrebbero i sindacati e come propone la Lega rischia di rimanere un mero slogan propagandistico. Oltretutto andare in pensione con 41 anni di contributi versati indipendentemente dall’età non produrrebbe particolari vantaggi sociali. Già oggi si può uscire dal lavoro 1-2 anni e 10 mesi più tardi, come previsto dalle regole Fornero. Viceversa, una riforma del genere comporterebbe maggiori spese a carico dello Stato.

Impossibile, inoltre, che Quota 41 possa sostituire una legge già in vigore, cioè quella delle pensioni anticipate con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne). Semmai la novità andrebbe a inserirsi in un contesto di deroghe già abbastanza complesso, una volta terminata Quota 103.

Così l’unica strada che – secondo indiscrezioni – pare percorribile sarebbe quella di concedere la pensione a tutti con 41 anni di contributi, ma col ricalcolo contributivo. Come avviene per Opzione Donna. Solo in questo modo si potrebbe sostenere finanziariamente la riforma. Ma sul punto i sindacati si sono già detti contrari.

Come superare la Fornero nel 2024

Posto che Quota 41 non sia fattibile, almeno così come concepito da chi la propone, resta da capire come sarà possibile superare il ritorno pieno delle regole Fornero dal prossimo anno. La tendenza, come si è visto dalla legge di bilancio 2024, è quella di tagliare il più possibile le uscite anticipate lasciando aperte solo le deroghe previste da Ape Sociale, Opzione Donna e precoci. Non è però escluso che Quota 103 in scadenza a fine anno, che altresì prevede l’uscita con 41 anni di contributi, possa essere riproposta per altri 12 mesi.

E’ ancora presto per poter fare delle previsioni e, visto come è andata a finire per Quota 102 l’anno scorso, le speranze che l’uscita anticipata a 62 anni possa proseguire la sua corsa non sono molte.

Tutto, però, dipenderà dalla politica e dalla volontà di assicurare ai lavoratori una minima possibilità di uscita anticipata, nonostante i vincoli che prevede Quota 103.