Il bonus Maroni non basta per far rinunciare alla pensione. L’incentivo previsto da quest’anno per ritardare l’uscita dal lavoro a chi matura i requisiti per la pensione con Quota 103 si sta rilevando un flop. Pochissimi lavoratori hanno finora approfittato del bonus in busta paga. E le intenzioni future non sembrano buone.

Come noto, chi, avendo i requisiti, rinuncia ad andare in pensione con Quota 103 (a 62 anni di età con 41 di contributi), può beneficiare di un aumento dello stipendio.

Incremento conseguente alla sospensione della trattenuta contributiva Inps operata dal datore di lavoro e riversata in busta paga. Ma come funziona esattamente il bonus?

Come funziona il bonus Maroni

Il bonus Maroni, che prende il nome dall’ex ministro Roberto Maroni che lo aveva introdotto in passato, è riconosciuto solo ai lavoratori dipendenti che maturano i requisiti per andare in pensione con Quota 103 entro la fine dell’anno. Ma come funziona e quanto vale? In realtà lo Stato non aggiunge nulla, ma solo gira i contributi obbligatori del lavoratore dovuti all’ente pensionistico alla busta paga del lavoratore.

Ne consegue uno sgravio contributivo che si trasforma in retribuzione. Quindi soldi in più subito disponibili. In percentuale – ricordiamo – che la contribuzione totale è del 33% considerando la quota a carico del datore di lavoro (23,81%) e quella a carico del lavoratore (9,19%).

Chi matura i requisiti per la Quota 103 ha quindi il diritto di restare al lavoro rinunciando all’accredito per fini pensionistici della parte dei contributi a proprio carico. Detti contributi confluiscono in busta paga e la retribuzione si alza del 9,19%. Su una retribuzione di 2.000 euro mensili, ad esempio, si tratterebbe di circa 183 euro in più.

Ma attenzione, questo bonus è al lordo delle trattenute Irpef (dipende dagli scaglioni di reddito) perché finisce direttamente nella retribuzione del lavoratore soggetta a imposizione fiscale. Mentre sarebbe esente da trattenute se finisse nella gestione pensionistica.

Non solo. Lo svantaggio sarà anche una pensione futura meno ricca mancando della contribuzione del 9,19%. Il rischio è che, quindi, ci si ritrovi una busta paga più alta al momento, ma con una pensione più bassa.

Destinatari del bonus e durata

Il bonus – come disciplinato dal decreto 21 marzo 2023 – interessa tutti i lavoratori dipendenti, del settore pubblico o privato, che abbiano raggiunto, o che raggiungano entro il 31 dicembre 2023, i requisiti per Quota 103. Sono esclusi i lavoratori che abbiano raggiunto i requisiti per la pensione anticipata (con 41- 42 anni e 10 mesi di contributi) a 62 anni.

Il beneficio è riconosciuto a domanda del lavoratore a partire dalla prima decorrenza utile della pensione con Quota 103. La domanda può essere presentata una sola volta purché non si sia ancora raggiunta l’età per la pensione di vecchiaia (67 anni). La scelta è revocabile dal lavoratore in qualsiasi momento.

Più precisamente l’incentivo decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di esercizio della facoltà. Per la presentazione delle domande sarà necessario rivolgersi all’Inps che certifica al lavoratore il possesso dei requisiti per Quota 103. Acquisita la certificazione, il datore di lavoro attuerà lo sgravio in busta paga anche retroattivamente.

Quota 103 e bonus Maroni chi ne approfitta

Detto questo, sono pochi i lavoratori che accettano di restare al lavoro approfittando dell’incentivo. La ragione principale è dovuta al bonus che finisce in tassazione ordinaria e non contribuisce ad alzare il livello della pensione futura. Ma poi c’è anche da considerare che dopo 41 anni di lavoro molti lavoratori preferiscono godersi il meritato riposo.

Chi semmai ha interesse a rinunciare a Quota 103 sono i lavoratori con stipendi medio alti. Come noto, Quota 103 prevede dei limiti sull’importo della pensione fino al compimento dei 67 anni. E’ infatti prevista una soglia limite pari a 5 volte l’importo del trattamento minimo (2.839,70 euro).

Solo in questo caso un lavoratore potrebbe considerare l’idea di restare al lavoro chiedendo l’attivazione del bonus Maroni. E quindi il riconoscimento di quel 9,19% in più di retribuzione ai fini previdenziali direttamente in busta paga.