Con la Legge di bilancio 2023 è stato reintrodotto il vecchio bonus Maroni legato alle pensioni. Si tratta di un incentivo che porta il nome dell’ex ministro al Welfare della Lega Roberto Maroni e risalente al 2004, poi interrotto tre anni più tardi.

In breve riguarda i lavoratori prossimi alla pensione anticipata ai quali è concessa la possibilità di posticipare l’uscita in cambio di un bonus economico in busta paga. Un incremento dello stipendio che ha dei risvolti positivi nell’immediato, ma anche negativi sulla rendita futura.

I vantaggi del bonus Maroni

Come detto, il bonus Maroni è un premio riconosciuto ai lavoratori che rimandano il pensionamento nel 2023. Viene riconosciuto solo ai lavoratori dipendenti che maturano i requisiti per andare in pensione con Quota 103 entro la fine dell’anno. Ma a quanto ammonta questo bonus?

In realtà lo Stato non aggiunge nulla, ma solo permette di girare i contributi obbligatori dovuti all’ente pensionistico nella busta paga del lavoratore. Si tratta sostanzialmente di uno sgravio contributivo che si trasforma in retribuzione mensile aggiuntiva. In percentuale è di circa il 33%, considerando la quota a carico del datore di lavoro (24%) e quella a carico del lavoratore (9%).

Di fatto, quindi, chi opta per questa soluzione, riceverà una busta paga più alta. Al datore di lavoro non cambierà assolutamente nulla dovendo comunque corrispondere al dipendente la stessa somma di denaro che percepiva prima di aderire al bonus Maroni.

Gli svantaggi della scelta

Ma attenzione a fare bene i calcoli. Posto che un lavoratore decida di rinunciare alla pensione per prendere uno stipendio più alto, la contribuzione per la rendita futura si interrompe. In pratica è come se dal momento di accettazione del bonus Maroni, il montante contributivo si congelasse perchè non più alimentato. Lo svantaggio principale è quindi legato a una pensione futura meno ricca.

Tuttavia, bisogna ricordare che il ritardo all’accesso alla pensione comporta l’applicazione di un migliore coefficiente di trasformazione ai contributi versati.

Pertanto quello che si perde da una parte non versando più contributi, si potrebbe recuperare in parte dall’altra posticipando l’uscita dal lavoro.

Fra gli altri svantaggi vi è però da considerare anche l’imposizione fiscale. Aumentando il reddito del lavoratore per effetto del bonus Maroni, anche le aliquote Irpef cambiano. Il rischio è che quel 33% in più che ci si ritrova in busta paga sia tassato con una aliquota maggiore (dipende dagli scaglioni di reddito). Viceversa i contributi non sono tassati e finiscono nella posizione contributiva pensionistica al netto delle trattenute.