Strano, ma vero: Quota 100 ha impedito il superamento delle regole Fornero. Paradossalmente la misura temporanea che ha permesso a poche decine di migliaia di lavoratori di andare in pensione a 62 anni, impedisce oggi di evitare di andarci a 67.

Tutta una questione di costi. Nel Def 2023 recentemente presentato dal governo emerge a chiare lettere come l’impatto di Quota 100 sulla spesa pensionistica sia pesante. Lo Stato si sta facendo carico di costi non previsti. Almeno altri 65 miliardi in più fino al 2026, si legge fra le righe del documento di economia e finanza.

Una zavorra sulla spesa per le pensioni

Un documento presentato da un governo a trazione Lega. Lo stesso partito che ha fortemente voluto Quota 100 con l’esecutivo Conte nel 2019 quando fu fatta la legge che mandava in pensione i lavoratori a 62 anni con almeno 38 di contributi. Cioè 5 anni prima rispetto alle regole ordinarie.

Allora la manovra fu vista in maniera salutare e ben accolta. Se non altro perché avrebbe liberato posti di lavoro alla base (cosa poi, di fatto, non avvenuta). Un modo per svecchiare sia il settore privato che la pubblica amministrazione. Oggi, però, ci si accorge che è stato un errore, amplificato soprattutto dal ritorno dell’inflazione e dalla mancanza di ricambio generazionale.

Serviranno – secondo le previsioni contenute nel Def – altri 65 miliardi di euro per mantenere le pensioni nei prossimi tre anni. Con la prospettiva che il rapporto rispetto al Pil possa raggiungere la pericolosa soglia del 17% prevista per la fine del decennio.

In questo contesto diventa impossibile trovare la quadra, come chiedono i sindacati, di superare la legge Fornero con altre manovre in deroga. Come è fuori dai piani l’introduzione di Quota 41 per tutti i lavoratori indipendentemente dall’età, come chiede la Lega che aveva introdotto Quota 100. Quindi, dal prossimo anno si tornerà alle uscite ordinarie.

Quota 100 ha fatto flop

A parte ciò, Quota 100 non ha avuto grande successo.

Ogni giorno ci si lamenta che si va in pensione troppo tardi, salvo poi scoprire che gli italiani preferiscono restare al lavoro più a lungo. Insomma, non si capisce bene cosa ha spinto due lavoratori su tre a non cogliere l’occasione di quota 100. Anche se hanno maturato il diritto a lasciare il lavoro (cristallizzazione).

Secondo gli esperti di previdenza, il motivo è riconducibile unicamente a ragioni economiche. Quota 100 prevede il pensionamento a 62 anni di età con almeno 38 di contributi. A quell’età la pensione è più bassa che a 67 anni (vecchiaia) e si perde in media il 5,2% per ogni anno di anticipo.

Ma soprattutto con Quota 100 scatta il divieto di lavorare. Il pensionato non può infatti percepire redditi da lavoro fino a 67 anni, pena la sospensione dell’assegno. E per gli autonomi e i liberi professionisti è sicuramente una pesante penalizzazione, confermata anche dai numeri: sono solo 74.242 le domande di pensione presentate, meno del 20% del totale.

La maggior parte delle richieste sono arrivate dai lavoratori dipendenti e in particolare da quelli pubblici che rappresentano il 31% del totale e percepiscono una pensione mediamente più alta.