I diritti acquisiti non si perdono, soprattutto in materia di pensioni. Un diritto sancito dal nostro ordinamento e che ha lasciato spesso spazio a critiche, discussioni e interpretazioni varie.

Così, si può andare in pensione anticipata anche successivamente al momento in cui sono maturati i requisiti, a patto che tali requisiti siano stati raggiunti entro i termini consentiti dal provvedimento in essere. In gergo si parla di “cristallizzazione del diritto” e consente ai lavoratori di accedere alla pensione in qualsiasi momento.

In pensione con Quota 100

Quota 100, ad esempio, è terminata a fine dicembre 2021, si sa. Ma questo non significa che non sia più possibile andare in pensione con le regole di un anno fa, cioè a 62 anni con 38 di contributi.

Chi avesse maturato i requisiti per Quota 100 entro il 31 dicembre 2021 può accedervi anche quest’anno o nel 2023. La cosa importante è avere maturato il diritto, cioè aver compiuto 62 anni di età e avere una anzianità contributiva di 38 anni entro l’anno 2021.

A precisarlo è l’Inps con il messaggio n. 2019 del 2013  specificando che, una volta acquisito il diritto alla pensione anticipata, si può accedere alla prestazione da quel momento in avanti. A condizione, ovviamente, che l’attività lavorativa sia cessata.

Quota 102 sta per scadere

Analogo discorso si può fare per Quota 102 che scade a fine anno. I lavoratori che maturano il diritto ad andare in pensione entro il 31 dicembre con 64 anni di età e 38 di contributi possono scegliere di posticipare l’uscita.

Ammesso e non concesso che Quota 102 non sarà riproposta per il prossimo anno, il diritto alla pensione si cristallizza e può essere esercitato in qualsiasi momento successivo. La cosa importante – come specificato anche dal Inps – è possedere i requisiti necessari entro l’anno di vigenza di Quota 102, cioè il 2022.

Ai fini del conseguimento della pensione con Quota 102 è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente.

E’ inoltre necessario, ai fini del requisito contributivo, che siano stati versati almeno 35 anni di contribuzione al netto dei periodi di malattia, disoccupazione e/o prestazioni equivalenti.

Tale pensione non è cumulabile con redditi diversi da lavoro a eccezione di quelli derivanti da prestazione autonoma occasionale nel limite di 5.000 euro lordi annui fino al compimento dei 67 anni di età. Motivo questo che ha fatto desistere molti lavoratori a richiedere la pensione a 62 anni.

Cosa succede se il governo cambia i requisiti

Come molti si aspettano, dal 2023 i requisiti per andare in pensione potrebbero cambiare. Le esigenze di bilancio non consentono di fare una riforma pensioni tale da stravolgere l’assetto previdenziale italiano. E il ritorno integrale alle regole Fornero è ormai quasi scontato.

Questo, però, non significa che chi matura entro il 2022 il diritto alla pensione anticipata non possa esercitarlo anche l’anno prossimo. Come abbiamo visto per Quota 100, la cristallizzazione del diritto consente al lavoratore di uscire in qualsiasi momento successivo a quello del raggiungimento dei requisiti necessari.

Regola che vale per tutte le pensioni, non solo per quelle anticipate. Così chi ha raggiunto i requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia potrebbe decidere di posticipare l’uscita. Il che vale anche per le pensioni anticipate con 41-42 anni e 10 mesi di contributi.

Pensione anticipata con Ape Sociale

Ape Sociale non è soggetta a cristallizzazione del diritto. Diversamente dalle altre prestazioni pensionistiche, però, occorre rispettare altri requisiti che potrebbero venire meno col tempo. E cioè quelli legati allo stato di disagio sociale.

Nello specifico hanno diritto ad Ape Sociale i lavoratori iscritti alle varie gestioni Inps. Devono possedere almeno i 63 anni di età, aver cessato il lavoro, essere residenti in Italia e trovarsi in una delle seguenti quattro condizioni:

  • Avere almeno 30 anni di contributi ed essere in stato di disoccupazione
  • Possedere 30 anni di contributi e al momento della richiesta di Ape sociale assistere da almeno sei mesi il coniuge, la persona con cui è contratta l’unione civile o un parente di primo grado convivente (genitori o figli) con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’art. 3 comma 3 legge 104/1992
  • Avere almeno 30 anni di contributi ed essere riconosciuto invalido dalle commissioni di invalidità civile almeno al 74%.
  • Possedere almeno 36 anni di contributi e svolgere alla data della domanda di Ape sociale da almeno sei anni in via continuativa una o attività gravose.

In questo contesto, fermo il requisito anagrafico e contributivo, non è detto che le altre condizioni possano venire meno col tempo.

Per cui il diritto alla prestazione, in questo caso, resta subordinato ad altri fattori.