Andare o non andare in pensione con Quota 103? I lavoratori dipendenti che maturano quest’anno il requisito per lasciare il lavoro a 62 anni di età con almeno 41 di contributi ottengono anche il diritto a restare al lavoro guadagnando di più. Una prerogativa che la legge di bilancio ha introdotto per disincentivare il pensionamento anticipato.

Il lavoratore, come già spiegato ampiamente in precedenti articoli, ha la possibilità di trattenesi al lavoro fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione ordinaria. O anticipata con 41-42 anni e 10 mesi di contribuzione.

Ma conviene veramente? A fronte di più soldi in busta paga, si otterrà una pensione più bassa. E di quanto?

Lavoratrice indecisa fra Quota 103 e incentivo economico

Una lavoratrice vorrebbe approfittare di questa opportunità e ci scrive “… sono dipendente di una azienda farmaceutica, ho 63 anni e maturo a fine ottobre 41 anni di contributi. Vorrei gentilmente sapere quanto ci guadagno a restare ancora al lavoro, per quanto tempo e quanto inciderà questa scelta sulla mia pensione” .

Ebbene, come detto all’inizio bisogna considerare che l’incentivo economico è corrisposto fino alla maturazione dei requisiti per andare in pensione ordinaria. Nel suco caso fino al raggiungimento dei 41 anni e 10 mesi di contributi. Pertanto potrebbe restare al lavoro ancora 10 mesi beneficiando dell’ex bonus Maroni. Poi dovrà per forza fare domanda di pensione.

Dal punto di vista economico le sarà riconosciuto per 10 mesi un aumento dello stipendio con il part time in pensione nella misura percentuale che il datore di lavoro le versa per la contribuzione IVS (23,81%). Giacché quella di competenza del lavoratore (9,19%) continuerà a essere versata regolarmente all’Inps. Resta da capire come sarà la pensione futura visto che ci saranno meno contributi da conteggiare.

Con il bonus Maroni la pensione sarà veramente meno ricca?

Sicché, a fronte di una maggiore retribuzione ci sarà una pensione meno ricca.

Il confronto va fatto, sull’assegno che la lavoratrice percepirebbe in assenza dell’incentivo economico al momento della domanda di pensione anticipata con 41 anni e 10 mesi di contributi versati. Pur non conoscendo l’entità della retribuzione della lavoratrice che ci ha scritto, si può dire che la penalizzazione sarebbe minima.

Questo perché, a fronte di un minor gettito contributivo che fa salire il montante e la sua rivalutazione nel tempo, vi sarebbe un calcolo più vantaggioso per via dell’età anagrafica (un anno in più) al momento dell’uscita dal lavoro. L’importo scaturisce in particolare dall’applicazione di un parametro, detto coefficiente di trasformazione delle pensioni, che è tanto maggior e quanto più alta è l’età della lavoratrice. Quindi a 63 anni (quando andrà in pensione) sarà applicato un valore più alto che a 62.

Il ricorso al part time e la pensione

In alternativa all’aumento dello stipendio, la lavoratrice potrebbe considerare anche il ricorso al part time. Sfruttando il bonus Maroni, potrebbe mantenere la stessa retribuzione per altri 10 mesi ma lavorando meno ore. La differenza economica sarebbe compensata dal bonus contributivo.

In questo caso, il contributo Inps (quota del lavoratore) diminuirebbe ai fini pensionistici, ma – come detto – influirebbe poco sul calcolo della rendita finale. Anche perché gli ultimi anni di contribuzione non rendono come i primi durante la carriera lavorativa.

Riassumendo…

  • Restare al lavoro rinunciando a Quota 103 è vantaggioso dal punto di vista economico.
  • A parità di retribuzione si può fare ricorso anche al part time.
  • La penalizzazione della pensione futura sarà minima.