Quanto prenderai di pensione? E’ questa la domanda più comune che si pongono i lavoratori che ancora attendono di lasciare il lavoro. Soprattutto i giovani per i quali le regole di calcolo della rendita sono diverse rispetto al passato e comportano delle differenze sostanziali rispetto all’ultima busta paga. I conteggi che fa l’Inps sono spesso materia di addetti ai lavori, ma non è difficile fare dei calcoli approssimativi.

Innanzitutto bisogna sapere che la pensione per chi ha iniziato a lavorare nel nuovo secolo viene calcolata con il solo sistema contributivo.

Cosa significa? In pratica ogni lavoratore versa periodicamente dei contributi nel fondo di gestione pensionistico di appartenenza gestito dall’Inps o da altre Casse professionali che serviranno a costituire il montante sul quale è calcolata la pensione futura. Una specie di libretto di risparmio che si tramuterà in rendita obbligatoria al momento del pensionamento.

Quanto prenderai di pensione nel sistema contributivo

Per trasformare il montante contributivo, opportunamente rivalutato nel tempo, bisognerà applicare un coefficiente di trasformazione che varia in base all’età anagrafica. Più l’età del lavoratore è alta, maggiore sarà l’importo della pensione a valere sui contributi versati durante la carriera lavorativa.

Così, ad esempio, a parità di contributi, un lavoratore che va in pensione a 67 anni prenderà di più di pensione rispetto a uno che ci va a 64 anni. Quindi, in buona sostanza, a determinare l’importo della rendita è l’età del beneficiario al momento della domanda di pensione. Oltre all’ammontare dei contributi che risultano versati durante la carriera, ivi compresi quelli volontari o da riscatto.

Va da sé che, a differenza del sistema di calcolo retributivo del passato con il quale la pensione veniva determinata prevalentemente in base alla media degli ultimi cinque anni di retribuzione, è sostanziale. Nel sistema contributivo il calcolo non tiene conto degli ultimi anni di stipendio, ma dei contributi totali accumulati sul proprio conto assicurativo.

La pensione di fatto è più bassa rispetto al passato, ma non è affatto detto che questo sistema di calcolo sia sbagliato, anzi è più corretto.

Quanto si versa di contributi

I contributi che si versano nelle varie gestioni pensionistiche sono stabiliti dalla legge. Per la generalità dei lavoratori dipendenti si tratta del 33% dell’imponibile previdenziale calcolato sullo stipendio, ma non tutto è destinato alla pensione. La contribuzione IVS è infatti di poco più del 24% (il resto serve per gli ammortizzatori sociali e per assicurarsi contro la malattia). In questo senso i lavoratori autonomi, liberi professionisti, collaboratori e lavoratori agricoli versano complessivamente meno del 33% all’Inps.

Detto questo, i contributi sono versati mensilmente dal datore di lavoro (se dipendenti) o trimestralmente se autonomi e calcolati sulla base della dichiarazione dei redditi con applicazione di appositi minimale contributivi. I contributi dipendono ovviamente dal livello di retribuzione e sono rilevati su base settimanale. Per i lavoratori part time è importante che la retribuzione resti sopra il minimale Inps per ottenere il riconoscimento pieno di una settimana di copertura assicurativa ai fini pensionistici.

La percentuale da versare non cambia, ma essendo la retribuzione più bassa, di conseguenza anche la misura dell’accredito contributivo sarà inferiore. Fermo restando che, ai fini del diritto, resta coperta l’intera settimana se il minimale Inps non viene violato.

Riassumendo…

  • Il calcolo della pensione nel sistema contributivo dipende dall’età e dal montante contributivo.
  • I versamenti dei contributi sono generalmente del 33% dell’imponibile previdenziale della busta paga.
  • Per i lavoratori autonomi si fa riferimento al reddito annuo e al rispetto dei minimali.
  • Il lavoro part time comporta versamenti minori e implica una pensione più bassa.