Quota 103 diventa penalizzante per i lavoratori. Nonostante si possa andare in pensione anticipata con 41 anni di contributi, non può essere una alternativa valida a Quota 41. La misura caldeggiata dalla Lega e chiesta a gran voce dai sindacati è infatti archiviata per quest’anno. Anche se non è del tutto scomparsa l’idea di mandare in pensione tutti dopo 41 anni di lavoro a prescindere dall’età.

Purtroppo, complice l’inflazione e la necessità di destinare risorse per la rivalutazione delle pensioni in pagamento, il progetto di riforma per Quota 41 è rinviato a tempi migliori.

Al contempo, Quota 103 è stata prorogata di un altro anno al posto di Quota 104  introducendo, però, restrizioni tali da renderla penalizzante rispetto a quanto previsto finora.

Quota 41 costa troppo, niente da fare

Quindi niente Quota 41 per il 2024. Mandare tutti in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età costerebbe troppo, come anche più volte dichiarato Federico Freni, sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ed è improbabile che si possa fare anche in un contesto di miglioramento del quadro economico italiano.

In previsione, le domande di pensione – secondo le proiezioni Inps – stanno aumentando. Nei prossimi anni cominceranno a uscire a un ritmo più sostenuto i baby boomer degli anni ’60, frenati finora dalla riforma Fornero. Gli argini eretti nel 2012 dal governo Monti saranno quindi superati e la spesa pensionistica toccherà il 17% del Pil.

Il che è dimostrato anche dal fatto che Quota 103 diventerà più penalizzante dal prossimo anno con l’intenzione di frenare le uscite anche in presenza di 41 anni di contributi. Insomma, c’è un pericolo grave di destabilizzazione finanziaria a causa dell’eccessiva spese previdenziale dello Stato.

Quota 103 penalizzante, non è un’alternativa

Quali alternative resterebbero quindi? Quota 103 diventa più penalizzante dal prossimo anno: la pensione a 62 anni con 41 anni di contributi sarà calcolata solo col metodo contributivo. Come avviene per Opzione Donna.

Il che significa mettere in conto una penalizzazione compresa fra il 16 e 17 per cento nella peggiore delle ipotesi se paragonata a quanto previsto finora.

Non solo. Come fanno notare i sindacati, bisogna mettere in conto anche una soglia massima di pagamento per a 4 volte l’importo del trattamento minimo (2.255 euro al mese) fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia a 67 anni. Oltre al fatto che il primo assegno arriverebbe dopo 7 mesi dalla maturazione dei requisiti se lavoratore privato e dopo 9 mesi se dipendente pubblico.

Insomma, niente di buono per Quota 103. Per Paolo Capone, segretario generale UGL, serve Quota 41 per risolvere il problema delle pensioni anticipate. Perché dopo 41 anni di lavoro non è pensabile dover restare ancora appesi a tempi incerti per andare in pensione. Anche il solo fatto di dover attendere i requisiti Fornero (41-42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva) non va incontro alle persone con alle spalle una vita di lavoro.

Occorre, pertanto, avviare una riforma coraggiosa del sistema previdenziale fondata su criteri di equità e sulla salvaguardia dei diritti acquisiti dai lavoratori. In tale prospettiva, è importante l’impegno ribadito dal sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Claudio Durigon, alla realizzazione di Quota 41 e al superamento della riforma Fornero, nell’ottica di garantire la flessibilità in uscita e il turnover generazionale”.

Riassumendo…

  • Quota 41 non si farà nel 2024 e forse nemmeno negli anni a venire, costa troppo.
  • La mancanza di risorse e il rischio dissesto finanziario impongono sacrifici anche con Quota 103 che diventa penalizzante.
  • Per il sindacato UGL bisognerà tornare a riconsiderare Quota 41 per questioni di giustizia ed equità.
  • Quota 103 è stata prorogata di un altro anno al posto di Quota 104