Con il pagamento delle pensioni di aprile si sono completati tutti i passaggi della perequazione automatica 2023. Non tutti hanno però hanno apprezzato gli aumenti in conseguenza della rivalutazione. Comprensivi degli arretrati da gennaio.

Cosa mai? Come disposto dalla Legge di Bilancio la rivalutazione delle pensioni non è stata fatta per tutti a partire dalla stessa data. Alcune, le più basse, sono adeguate all’inflazione già dal 1 gennaio. Tutte le altre, invece, sono state adeguate da questo mese.

Chi ha ricevuto gli aumenti sulla pensione ad aprile

Più precisamente, chi percepisce una pensione mensile pari o inferiore a 4 volte il trattamento minimo (2.101,52 euro) non si è visto aumentare l’assegno ad aprile.

Questo perché la perequazione automatica in base al tasso di inflazione definitivo per il 2022 è già scattata dal 1 gennaio 2023. Mentre chi percepisce importi di pensione superiore ha potuto apprezzare la differenza rispetto ai mesi precedenti.

Volendo fare un esempio pratico, per chi riceve una pensione di 1.500 euro al mese non è cambiato nulla rispetto al cedolino di marzo: la sua rendita è già rivalutata del 7,3% a partire da inizio anno. Chi, invece, percepisce un assegno da 3.000 euro al mese ha ricevuto col quarto rateo di pensione la differenza di rivalutazione dai 1.500 euro in su.

I ritardi dovuti a questioni tecniche legate alla tardiva approvazione della legge di bilancio 2023, sono stati così colmati. Tutti i pensionati hanno quindi ricevuto gli aumenti previsti dalla perequazione automatica di quest’anno, anche se in misura non piena per via dell’introduzione delle nuove fasce di reddito.

Come funzionano le nuove fasce di rivalutazione

In sintesi, chi percepisce pensioni fino a 2.101,52 euro di importo lordo ha ricevuto una rivalutazione piena della pensione (circolare n. 135 del 22 dicembre 2022). Chi, invece, percepisce importi di pensione superiori a tale soglia si è visto accreditare un po’ di meno.

Più esattamente la riduzione degli incrementi è proporzionale al reddito della pensione.

Il taglio arriva fino a due terzi per gli importi superiori a circa 5.700 euro al mese. Lo schema delle rivalutazioni è il seguente:

  • 100% fino a 4 volte il trattamento minimo
  • 85% da 4 a 5 volte il trattamento minimo
  • 53% da 5 a 6 volte il trattamento minimo
  • 47% da 6 a 8 volte il trattamento minimo
  • 37% da 8 a 10 volte il trattamento minimo
  • 32% oltre le 10 volte il trattamento minimo

Tali misure comportano anche un aumento dei prelievi del fisco (Irpef) per chi, in conseguenza degli aumenti, supererà lo scaglione fiscale di appartenenza. Il che si traduce in una pensione netta più bassa.