L’inflazione torna a scendere in Italia e per la riforma pensioni si apre qualche spiraglio per il 2025. Se il governo avrà la possibilità di arginare la crescita dei prezzi, ci saranno anche più soldi per le pensioni. La strada, tuttavia, rimane molto stretta visto che il Def ha evidenziato un impegno economico maggiore dall’anno prossimo per la previdenza.

Nel frattempo Claudio Durigon, sottosegretario leghista al Lavoro, torna a parlare della necessità di mandare tutti in pensione dopo 41 anni di lavoro a prescindere dall’età anagrafica.

La misura, nota come Quota 41, è già attiva quest’anno, ma è vincolata al requisito anagrafico minimo di 62 anni e si chiama Quota 103. Per Durigon va eliminato questo ostacolo.

La spesa per le pensioni in crescita frena le riforme

Ma al di là dei buoni propositi della Lega, il governo non può non tenere conto dello stato attuale delle finanze pubbliche. E, in particolare, della spesa crescente per le pensioni in Italia a fronte di un debito statale che continua a salire anche a causa del maggiore impegno a pagare le rendite future.

Dati alla mano, bisognerà mettere sul piatto altri 18 miliardi di euro, circa metà della manovra di bilancio futura, per sostenere le pensioni in Italia. Soldi che andranno ad aggiungersi ai 269 miliardi che l’Inps ha speso nel 2023 per garantire i pagamenti delle rendite di oltre 16 milioni di persone.

Una cifra che non accenna a scendere a causa dell’invecchiamento della popolazione ma, soprattutto, per colpa dell’aumento delle pensioni anticipate attuato con il primo governo Conte. Cioè con il varo di Quota 100 che per tre anni ha permesso ai lavoratori di uscire a 62 anni di età con 38 di contributi.

Pensioni Quota 41 solo col contributivo?

Dunque, non si può assolutamente fare altro debito. Anzi va tagliato quello esistente. Ma dove andare a prendere i soldi? Con l’inflazione che scende, ma non troppo, sarà anche necessario rivalutare ulteriormente le pensioni nel 2025.

E non di poco. Il conto rischia di salire ancora, a meno che non si congelino gli aumenti.

Una delle soluzioni verso la quale dovranno convergere partiti e sindacati sarebbe quella di concedere Quota 41 in cambio del ricalcolo della pensione col sistema interamente contributivo. Un meccanismo già in atto da quest’anno per Quota 103, cioè per la pensione anticipata con 41 anni di contributi e 62 di età.

Ovviamente questo implica una perdita di valore della pensione. Ma, al momento, non si intravvedono alternative per limitare l’impatto di spesa previsto con l’introduzione di Quota 41 per tutti dal prossimo anno. Pena lo sconquasso dei conti dell’Inps, già in precario equilibrio. Come ha spesso avvertito l’Inps “il quadro da qui al 2029 non è positivo”. Col rischio che a quella data il patrimonio dell’Istituto diventi negativo per 92 miliardi di euro.

Perché il costo per prestazioni previdenziali nel 2022 ha raggiunto i 312 miliardi di euro (il 16,2% del Pil) ed è in crescita ogni anno che passa. Con la voce che incide maggiormente sui conti che ricade proprio sulle pensioni anticipate (il 56% del totale).

Riassumendo…

  • Scende l’inflazione e per le pensioni anticipate si apre qualche spiraglio in più
  • Quota 41 resta un obiettivo del governo, ma col ricalcolo contributivo
  • Claudio Durigon (Lega) insiste sulla necessità di una riforma seria del sistema pensionistico.