Sulle pensioni è ormai lotta aperta sui numeri e sui conti che non tornano. Riguardo al primo aspetto, il numero dei pensionamenti nei primi tre mesi di quest’anno è sceso del 16% rispetto al 2023, ma il paragone lascia il tempo che trova visti i dati precedenti. Con il meccanismo delle quote, infatti, il numero dei pensionamenti è cresciuto molto fino allo scorso anno e la spesa dell’Inps è salita parecchio.

La conferma arriva proprio dai dati recentemente diffusi dall’Istituto di previdenza che mette in evidenza come, a fronte di un calo delle domande di pensione, la spesa sia in costante aumento.

Il che non è una sorpresa, visto che l’inflazione è tornata a correre, che la speranza di vita è tornata a salire e che, nonostante le riforme, in Italia si continui ad andare in pensione prima che negli altri paesi Ocse.

La spesa per le pensioni aumenta

Secondo le previsioni degli esperti, la spesa per le pensioni in Italia è destinata a salire ancora per i prossimi 15 anni arrivando a toccare il 17% del Pil. Una percentuale che non è in grado di essere sostenuta dai soli contributi previdenziali. Questo va detto. Già oggi il patrimonio netto dell’Inps è negativo con tendenza a toccare, secondo lo stesso istituto, i 90 miliardi di euro entro il 2029. Soldi che dovrà mettere lo Stato per coprire il buco.

Secondo l’ultimo Def, il Documento di economia e finanza, serviranno 337 miliardi di euro quest’anno per le spese previdenziali. 18 in più rispetto allo scorso anno. E poi ancora 345 miliardi nel 2025, 356 miliardi nel 2026 e 368 miliardi nel 2027. L’importo tiene conto della spesa inflazionistica degli ultimi anni che ha portato molto su la spesa per pensioni. Numeri che non potranno che essere rabboccati attingendo alla fiscalità generale.

Ma a incidere su queste prospettive sono le scellerate previsioni che sono state fatte dalla classe politica in passato.

Senza andare troppo indietro nel tempo, il governo Conte ha letteralmente mandato fuori giri la spesa introducendo Quota 100 che per tre anni, fino al 2021, ha consentito ai lavoratori di andare in pensione a 62 anni con 38 di contributi. Conseguenza che pesano sul bilancio e pagheremo per decenni.

Altre strette in arrivo

Di fronte a questo scenario, inutile farsi illusioni. Sulle pensioni la partita è ormai segnata: si taglierà ancora. Lo aveva detto l’ex premier Mario Draghi e lo ribadisce, senza andare troppo per il sottile, quello Meloni. I soldi per sostenere ulteriori spese per le pensioni mancano e non si potrà fare altro che proseguire con il programma di restrizioni già avviato nel 2023.

Le pensioni anticipate sono già state ridimensionate, ma ciò non basterà a prevenire ulteriori peggioramenti di spesa. All’orizzonte si prospetta l’arrivo dei baby boomer, milioni di lavoratori nati fra gli anni 60 e 70 che rappresentano un’ondata anomala che lo Stato dovrà arginare per evitare di essere travolto. Su cosa si riverserà, quindi?

Sull’età sicuramente. Ape Sociale e Opzione Donna, già ridotte a una ristretta cerchia di beneficiari, vedranno il requisito anagrafico salire ulteriormente nei prossimi anni. Poi c’è Quota 103 che ogni probabilità terminerà la sua corsa a fine 2024 per lasciare spazio definitivamente alle regole Fornero. E Quota 41 resterà un mero slogan propagandistico pronto a essere sventolato da Lega e sindacati all’occorrenza. Ma niente di più.

Riassumendo…

  • Previsioni ottimistiche di una miope politica hanno portato alle recenti strette sulle pensioni.
  • Altri tagli all’orizzonte ci attendono per contenere la spesa.
  • Aumenterà ancora l’età pensionabile per Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 103 sparirà a fine anno.