Il ritorno alle pensioni Fornero è già in atto. Con la spesa pensionistica che galoppa verso mete un tempo impensabili, è diventato indispensabile tagliare ancora la spesa previdenziale. Le previsioni fatte dal governo Dini nel 1995 e da quello Monti nel 2011 sono state disattese dagli eventi. Primo fra tutti il ritorno dell’inflazione e, a seguire, la crescita economica anemica del nostro Paese.

Nonostante i tagli, la spesa pensionistica (sfiora quota 270 miliardi di euro) continua a crescere minando seriamente la tenuta dei conti Inps.

Lo Stato deve quindi continuamente intervenire con trasferimenti. Per il 2025 se ne prevedono altri per 18 miliardi di euro, l’equivalente di mezza manovra di bilancio. Soldi che devono essere prelevati dalla fiscalità generale o contraendo altro debito con l’emissione di titoli di Stato.

Pensioni: dal 2025 ci sarà il ritorno pieno alla Fornero

Altri tagli appaiono quindi inevitabili. Il documento di economia e finanza (Def) recentemente presentato dal governo non fa cenno ad alcuna riforma pensioni per il 2025. Ma è pacifico che altre limature di spesa interverranno al momento della discussione della legge di bilancio per il prossimo anno. Il ritorno alle regole piene della Fornero sarà solo una questione di tempo. Nulla di nuovo e nulla di inatteso. Lo scorso anno andò esattamente così.

Cosa attendersi quindi? Le pensioni anticipate sono ormai riservate a casi limite, come invalidi, caregiver, disoccupati o licenziati. Si salvano i lavoratori precoci che possono ancora uscire con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età, ma sono sempre di meno. Poi c’è Opzione Donna il cui requisito anagrafico si sta innalzando per convergere verso l’età prevista per Ape Sociale che prevede, in sostanza, la stessa tutela per i lavoratori. Con la differenza che quest’ultima è riservata a entrambi i sessi.

Cosa resta quindi? Solo Quota 103, pensione anticipata a 62 anni con almeno 41 di contributi che, però, da quest’anno è liquidata solo con il sistema di calcolo contributivo.

Uno stratagemma introdotto con la legge di bilancio 2024 per disincentivare i lavoratori a chiedere la pensione anticipata con questo meccanismo e attendere di accumulare qualche mese in più di contributi per non vedersi tagliato l’assegno. Già, perché con 42anni e 10 mesi di anzianità contributiva (41 anni e 10 mesi) si può andare in pensione anticipata come previsto dalla riforma pensioni Fornero.

Il conto delle mancate riforma sulle spalle dei giovani

Ma se queste sono le attese per quello che potrebbe accadere dal prossimo anno, a partire dalla dallo stop alle pensioni anticipate con Quota 103, cosa resta? Si andrà verso un sistema che prevede l’uscita solo con le regole Fornero introdotte nel 2012 e finora sempre aggirate da deroghe temporanee. Quindi pensione di vecchiaia a 67 anni di età con almeno 20 di contributi o, in alternativa, pensione anticipata con 41-42 anni e 10 mesi di contributi a prescindere dall’età.

Età che, però, è soggetta ad allungamento a partire dal 2027 quando il sistema pensionistico voluto dalla Fornero tornerà a recepire le variazioni sulla speranza di vita. Variazioni finora interrotte dalla pandemia del 2020 che ha fatto salire l’indice di mortalità. Cosa attendersi, quindi? Quasi sicuramente un allungamento di 2 mesi di età per la pensione di vecchiaia e 2 mesi di contributi per la pensione anticipata.

In altre parole si andrà in pensione più tardi rispetto a oggi. Per chi ha passato oggi la soglia dei 60 anni non dovrebbero esserci problemi, ma per chi manca ancora metà carriera lavorativa il traguardo si allontana. L’allungamento dell’età pensionabile non si fermerà, infatti, all’aumento atteso dal 1 gennaio 2027, ma proseguirà anche negli anni a venire. Più precisamente, l’età pensionabile è destinata a salire di 2 mesi dal 1° gennaio 2027 al 31 dicembre 2028 per passare a 67 anni e 5 mesi dal 1° gennaio 2029.

Riassumendo…

  • Nessuna indicazione di riforma delle pensioni nel Def 2024.
  • Scaduta Quota 103, si tornerà alle regole Fornero per tutti dal 2025.
  • Il conto più salato lo pagheranno i giovani con l’allungamento dell’età pensionabile.