Il riscatto laurea serve veramente per anticipare l’uscita dal lavoro? Versare fior di quattrini nelle casse dell’istituto di previdenza per anticipare la pensione non è sempre valida. Vediamo perché.

L’idea che per anni è stata diffusa fra i lavoratori era che il riscatto dei periodi di studio universitario servissero per anticipare la pensione. Questo valeva fino ai tempi della riforma del sistema pensionistico entrato in vigore nel 2012 (riforma Fornero), ma poi è tutto è cambiato e oggi versare soldi nelle casse dell’Inps per anticipare la pensione lascia un po’ il tempo che trova.

Per comprendere bene il meccanismo è necessario fare riferimento all’età pensionabile. La pensione ordinaria di vecchiaia è infatti riconosciuta non prima del compimento dei 67 anni di età o al versamento di 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne). In questo secondo caso, però, bisogna tenere conto che un laureato normalmente inizia a lavorare al termine del percorso di studi, quindi non prima del compimento dei 26-27 anni. Il che porta addirittura a superare l’età pensionabile se si prendono in considerazione i soli versamenti contributivi.

Riscatto laurea, conviene veramente?

La convenienza del riscatto laurea sta più nella misura che nel diritto della pensione. Come abbiamo visto, versare contributi per anticipare la pensione con le attuali regole non serve a molto. Riscattare quattro o cinque anni di corso di studi universitari non aiuta ad anticipare il ritiro dal mondo del lavoro. Aiuterà, invece, a incrementare l’assegno pensionistico futuro. Al punto che, fino a poco tempo fa, pochi lavoratori laureati riscattavano i periodi di studio universitario. Di ciò se n’era accorto l’Inps al punto che lo scorso anno il legislatore ha varato una nuova normativa che consente il riscatto agevolato degli anni universitari.

Il riscatto laurea agevolato

Il riscatto laurea agevolato è consentito a tutti coloro che intendono riscattare il periodo di studi universitari prima del 1996.

L’Inps che è possibile riscattare fino a 5 anni di studi universitari (anche in forma parziale) versando la somma fissa di 5.260 euro per ciascun anno. Il pagamento potrà essere fatto in una sola volta o dilazionato fino a 120 rate mensili con possibilità di deduzione in dichiarazione dei redditi (cosa prevista anche per il riscatto laurea ordinario). Fra i requisiti previsti, bisogna aver conseguito il diploma di laurea ed essere assicurati presso l’Inps, cioè aver versato dei contributi IVS. La differenza, rispetto al sistema ordinario, sta nel fatto che i contributi riscattati saranno validi solo per il sistema di calcolo contributivo al momento del pensionamento. In pratica, può versare anche per i periodi ante 1996 (nel sistema retributivo), ma il conteggio verrà fatto in quello contributivo.

Boom di domande per riscatto contributi

Al boom iniziale delle domande di riscatto laurea all’Inps lo scorso anno è seguito nel 2020 un rallentamento delle richieste. Il successo inizialmente inaspettato per il riscatto fino a 5 anni di periodi assicurabili è andato scemando forse anche a causa della pandemia. Ma sta di fatto che coscientemente i lavoratori hanno capito che la convenienza del riscatto laurea sta più nel diritto alle deduzioni fiscali per i contributi versati che neanche per le reali possibilità di andare in pensione prima. I laureati che poi non trovano subito lavoro o non sono in grado di sostenere i costi, vi rinunciano.