Sulla riforma pensioni che salterà fuori con la fine di quota 100 il governo non ha dubbi. Si deve tornare al più presto al sistema contributivo. Favorendolo, se necessario, con gli anticipi pensionistici.

La riforma pensioni Fornero nel 2012 è stato un errore. Quota 100, un altro errore. La pandemia, poi, ha peggiorato il quadro economico e le previsioni di crescita compromettendo la tenuta dei conti previdenziali.

Pensioni, tornare presto al sistema contributivo

In questo contesto è impossibile garantire ancora le pensioni anticipate a caro prezzo.

Cioè con un sistema di calcolo in parte retributivo (misto) . Serve una svolta e non sarà facile. Quindi

“l’obiettivo è tornare a un sistema contributivo, ma superando la lotteria di Quota 100″.

Lo ha detto il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ai microfoni di Unomattina su Rai Uno assicurando che la “discussione sulla riforma delle pensioni deve avere un termine temporale abbastanza ristretto, i primi mesi del prossimo anno”.

Sempre che il governo rimanga in carica e che le elezioni per il rinnovo del Presidente della Repubblica non portino a una svolta o a un cambiamento di rotta col rischio di anticipo scioglimento delle Camere.

Uscita dal lavoro anticipata solo col contributivo

Entrando nel merito della riforma del sistema previdenziale –  dice Orlando – bisogna superare le distorsioni della Legge Fornero.

“La prima questione da affrontare e’ il fatto che i lavoratori vengono trattati tutti allo stesso modo anche se hanno lavori diversi più o meno gravosi. La seconda riguarda la flessibilità”.

Poi c’è un’altra questione,forse la più importante di tutte, e riguarda il fatto che chi oggi lavora con salari bassi rischia di arrivare all’età pensionabile con una pensione bassissima, da povertà, o addirittura inesistente.

Questo è un problema che non riguarda solo i giovanissimi, i millenials. Ma anche i quarantenni che lavorano già da molti anni e non hanno alle spalle sufficienti garanzie per la vecchiaia.

Occorre ripristinare in qualche modo almeno il trattamento minimo di pensione.

Chi non ha contributi prima del 1996 non ha infatti diritto a percepire quel minimo vitale che gli permette di tirare avanti.