Opzione donna è valida anche per il 2020. Il Parlamento ha prorogato la possibilità di andare in pensione in anticipo anche quest’anno a patto che vengano soddisfatti alcuni importanti requisiti anagrafici e di contribuzione ai fini del calcolo della pensione per le lavoratrici.

Come noto, tale possibilità è riservata alle donne che intendo lasciare anticipatamente il lavoro, ma al contempo subiranno una drastica riduzione dell’assegno pensionistico (dal 20 al 30%) che verrà calcolato solo col sistema contributivo anche per gli anni di contribuzione IVS versati nel periodo retributivo, cioè antecedente il 1996.

Una misura che consente, da un lato all’Inps di risparmiare sulla spesa pensionistica, mentre dall’altro concede alle donne di andare in pensione in deroga alle regole della riforma Fornero.

Opzione donna: i requisiti

I requisiti per avere diritto all’opzione donna sono quelli di aver maturato un’anzianità contributiva pari a 35 anni al 31 dicembre 2019 e un’età anagrafica di almeno 58 anni per le dipendenti e 59 anni per le lavoratrici autonome, sempre al 31 dicembre 2019. La pensione verrà quindi erogata dopo 12 mesi dalla presentazione della domanda al Inps per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per quelle autonome. Tale opzione potrà essere esercitata in qualsiasi momento successivo alla maturazione dei requisiti, quindi anche a distanza di mesi qualora la lavoratrice volesse proseguire con l’attività lavorativa.

Il periodo di maternità è escluso dal calcolo

Attenzione però ai contributi. Posto che il sistema di calcolo per accedere all’opzione donna è interamente contributivo, come previsto dalla legge, per calcolare la pensione l’Inps terrà conto solo di quelle settimane coperte da contribuzione valide solo per la “misura”, cioè quelle per le quali vi è stato un reale accredito dei contributi per l’assicurato. Pertanto, la contribuzione figurativa per i periodi di disoccupazione, malattia, congedo di maternità, ecc. è esclusa a priori. Mentre sono compresi i periodi coperti dai versamenti volontari e riscatto del periodo di laurea che concretamente prevedono dei versamenti da parte dell’assicurata.

Si pensi ad esempio ad una lavoratrice che nell’arco della vita lavorativa si è assentata complessivamente per 20 settimane a causa di malattia e 100 settimane per accudire i figli minori (congedo parentale): in questo caso l’Inps non terrà conto delle 120 settimane di copertura previdenziale ai fini del raggiungimento del requisito necessario per andare in pensione con i requisiti di opzione donna.

I contributi validi per la pensione col sistema contributivo

Per il calcolo della pensione con “opzione donna” con il sistema contributivo valgono solo i contributi versati dopo il 31 dicembre 1995. Qualora l’assicurato non potesse farne valere a sufficienza per il raggiungimento dei 35 anni di copertura ai fini dell’opzione donna, dovrà chiedere all’inps la migrazione dal sistema di calcolo retributivo a quello contributivo delle settimane lavorate (se ne ha) anche prima di tale data. Questo perché la legge prevede che i contributi versati prima del 1996 siano validi per il sistema di calcolo retributivo e quindi non valgono per ottenere la pensione prevista per opzione donna.