Il connubio pensioni e giovani è tabù come lavoro e futuro. Gran parte dei giovani (da 20 anni in su) vede un futuro incerto, svolge un lavoro precario o discontinuo.

Secondo quanto riporta La Stampa, i giovani italiani detengono il primato (53%) del pessimismo riguardo al futuro. Per loro, come per i ragazzi francesi e turchi, il mondo è un posto che va peggiorando.

Mediamente, per un ragazzo è già difficile trovare un impiego: figuriamoci mantenere il lavoro o sperare nella pensione.

L’Italia è il terzo peggior Paese europeo per disoccupazione giovanile.

A complicare la situazione intervengono fattori come la forte scolarizzazione che porta ad aumentare gli anni di studio e, di conseguenza, ad entrare più tardi nel mondo del lavoro rispetto alle generazioni precedenti. Il diploma oggi non basta più per trovare un lavoro ben retribuito o trovare lavoro in genere, bisogna conseguire la laurea.

Pensioni, lavoro e giovani: situazione del lavoro giovanile in Italia

Secondo i dati Istat, il 37% dei giovani italiani intervistati ha un lavoro stabile, mentre il 24% è disoccupato. Soltanto il 12% possiede una casa di proprietà.

Un lavoro stabile, mediamente, arriva dopo i 35 anni, il 55% dei giovani ha lavorato in nero almeno una volta nella vita, il 37,5% ha accettato una retribuzione inferiore pur di lavorare. Non sono pochi i ragazzi che devono pagare per lavorare, senza contare gli stage (retribuiti o meno) o il problema dell’apprendistato.

Trovare lavoro diventa sempre più difficile, il tasso di disoccupazione cresce.

La mancanza di lavoro o il lavoro precario porterà a due conseguenze significative: da una parte, poche pensioni per i giovani di oggi, dall’altra pochi futuri lavoratori (considerando il crollo delle nascite) che pagheranno per i futuri pensionati.

Le donne che percepiscono una pensione sono la metà degli uomini perché il tasso di occupazione femminile nel nostro Paese è molto inferiore. In più, le donne devono ancora sopportare una differenza di salario (inferiore rispetto agli uomini), le loro carriere sono discontinue e durano meno.

Pensioni e giovani: ipotesi di soluzioni

Orizzonti politici, di recente, ha parlato bene del cosiddetto “Lump of labour Theory”, una teoria stilata da certi economisti inglesi nell’Ottocento. Si basa sull’ipotesi di un’offerta di lavoro fissa da distribuire sull’intera popolazione attiva. L’idea è quella di spalmare le ore di una giornata di lavoro su più lavoratori per impiegare più persone riducendo la giornata lavorativa. Darebbe sicuramente più spazio ai giovani rendendo l’offerta di lavoro più stabile. Peccato che si tratti di un’utopia: non considera le diverse competenze, esperienze e capacità dei lavoratori che non sono tutti uguali.

Un’ipotesi simile alla teoria inglese è la ‘staffetta generazionale‘ proposta dal ministro Giovannini nel 2013: prevede l’entrata nel mondo del lavoro tramite incentivi fiscali e meno burocrazia nelle assunzioni.

L’esperimento del prepensionamento di Quota 100, come ha spiegato Bankitalia, non ha portato ad effetti incoraggianti: sostituire i vecchi lavoratori con dei nuovi non ha fatto aumentare i posti di lavoro.

Una soluzione concreta, ad oggi, non è stata ancora trovata.