I privilegi delle pensioni dei militari sembrano non voler finire mai. Come noto, il personale del comparto Difesa e Sicurezza lascia il lavoro prima della generalità dei lavoratori. Cosa che, oggi, assume i connotati di privilegio.

Non tanto per il fatto che un carabiniere o poliziotto possa lasciare il servizio al raggiungimento dell’età ordinamentale (a partire da 60 anni). Quando per via della speranza di vita sulla quale è agganciata l’età della pensione e che per i militari non vale.

I privilegi delle pensioni militari

Così, a distanza di 11 anni dall’adozione dei nuovi criteri pensionistici derivanti dalla riforma Fornero, i militari possono ancora andare in pensione con i requisiti di anzianità (58 anni di età e 35 di contributi). Fatto anacronistico che era finito nelle mire dei riformatori del sistema pensionistico italiano.

Del resto i tempi sono cambiati negli ultimi 10 anni e la generalità dei lavoratori non può andare in pensione prima dei 67 anni (vecchiaia). O, in alternativa, con 42 anni e 10 mesi di contributi (12 mesi in meno per le donne), indipendentemente dall’età anagrafica.

Andare in pensione presto, tuttavia, comporta la liquidazione di una pensione inferiore rispetto a chi ci va più tardi. Soprattutto nel sistema di calcolo contributivo dove incidono i coefficienti di trasformazione. Essendo i militari obbligati a lasciare il servizio prima di tutti gli altri lavoratori, ne scaturisce una penalizzazione.

Coefficienti di trasformazione più alti

Penalizzazione che è compensata dal fondo perequativo riservato ai militari e che è finanziato di volta in volta con la legge di bilancio. Ma richiede sempre maggiori risorse perché l’età della pensione ordinaria tende ad aumentare e si allarga il gap con quelle degli uomini in divisa.

Fino al 2030 – osserva Antonio Tarallo, delegato Cocer Carabinieri – si potrà stare tranquilli, ma poi c’è il rischio che sorgano problemi se il fondo perequativo non fosse rifinanziato.

E la previdenza complementare non sembra portare vantaggi.

Così, i sindacati di Polizia Siulp e Siap chiedono una riforma alla base del sistema di calcolo della pensione. E cioè fissare un coefficiente di trasformazione più alto per la liquidazione della pensione di vecchiaia per il comparto difesa e sicurezza. Vale a dire quello corrispondente all’età anagrafica per la pensione di vecchiaia del personale civile, a 67 anni, al posto di quello legato all’età di decorrenza della pensione.