Per la riforma pensioni 2022 la strada si fa tortuosa e incerta. A pochi mesi dalla scadenza naturale di quota 100, il pensionamento anticipato dal prossimo anno rischia di diventare un miraggio. Si tornerà alle regole Fornero?

Al momento non sono ancora state gettate le basi per una alternativa alle pensioni anticipate a 62 anni di età (con 38 di contributi). Tutto tace e le ipotesi si accavallano di giorno in giorno. Ma il rischio è che, in assenza di alternative, le pensioni 2022 saranno una brutta sorpresa.

Pensioni 2022 senza quota 100

Senza quota 100, quale futuro per le pensioni 2022? Alcune opzioni di uscita anticipata ci sono, ma andrebbero potenziate. A parte lo scivolo pensionistico fino a 5 anni riservato ai dipendenti del settore privato, per tutti si sta lavorando sulla possibilità di prorogare Opzione Donna e potenziare Ape Sociale.

Per Ape Sociale vi è allo studio un allargamento della platea dei beneficiari. L’intenzione del governo è quella di favorire la pensione anticipata a 63 anni di età (questo il requisito anagrafico) a più soggetti.

Si tratterebbe di ampliare le categorie rientranti tra le attività gravose. Al momento vi rientrano 15 gruppi di mansioni tra i quali gli insegnanti della scuola dell’infanzia e gli educatori degli asili nido, alcune professioni sanitarie. Ma rimane ancora esclusa un’ampia fetta di altri lavoratori.

Uscita anticipata a 64 anni con penalizzazione

Scartata la strada di quota 41, una delle ipotesi concrete a cui si sta lavorando per le pensioni 2022 sarebbe l’uscita dal lavoro a 64 anni. Due anni in più rispetto ai requisiti anagrafici previsti da quota 100, ma con solo 20 anni di contributi versati.

L’opzione già esiste nel nostro ordinamento, ma è riservata al momento ai lavoratori il cui accredito contributivo è successivo al 31 dicembre 1995. Andrebbe quindi estesa anche a coloro che hanno iniziato a lavorare prima.

La pensione a 64 anni sarebbe quindi liquidata interamente col sistema di calcolo contributivo (anziché misto), sulla falsariga di quanto avviene per Opzione Donna.

Ne conseguirebbe una penalizzazione dell’assegno che però sarebbe inferiore a quella prevista per le donne che hanno il diritto di lasciare il lavoro a 58 anni.