Proseguono i contatti fra gli esponenti dei partiti e parti sociali sulla riforma pensioni. Le ultime novità che trapelano dalle segreterie di Lega e sindacati portano a evitare lo scalone di 5 anni con la fine di quota 100.

La possibilità di pensionamento anticipato con 62 anni di età e 38 di contributi termina a fine anno e dal 2022, in assenza di riforma, si tornerà alle regole della Fornero. Il tempo stringe, quindi, per un intervento che assicuri la fuori uscita dal lavoro a coloro che sono esclusi da quota 100.

In pensione a 61 anni

Il tema che sta più a cuore della Lega (ma anche del Movimento 5 Stelle) è quindi il mantenimento dell’impalcatura di quota 100 pur con qualche ritocco. Il governo, però, ha già fatto sapere chiaro e tondo che non è disponibile a tollerare ulteriori spese a bilancio per tenere in piedi il sistema.

E’ quindi evidente che occorre trovare altrove le risorse per garantire il pensionamento anticipato a 62 anni o con 41 di contributi a prescindere dall’età. Questa ultima ipotesi porterebbe anche a un pensionamento anticipato anche a 61 anni o meno per molti lavoratori che hanno iniziato a lavorare presto senza interruzione.

Un diritto sacrosanto, dopo tanti sacrifici, che i sindacati difendono a spada tratta. Anche se la Corte dei Conti, l’Ocse o Bruxelles insistono per allungare l’età pensionabile onde evitare in futuro un dissesto nel bilancio dello Stato.

Le flessibilità

Per trovare le risorse si sta quindi pensando anche a un sistema di accesso alla pensione più flessibile. Un meccanismo che il presidente dell’Inps Pasquale Tridico propone da tempo. Esso si basa sostanzialmente sull’estensione del riconoscimento alla pensione anticipata per i lavoratori gravosi.

Quindi un doppio canale che tuteli maggiormente i lavoratori usuranti (a tal proposito bisogna rivedere la platea dei beneficiari) e che, allo stesso tempo, consenta un’uscita anticipata dopo 41 anni di lavoro.

Anche le donne, in questo senso, meritano maggior tutela. A tal fine, però, si sta pensando di rinnovare, se non addirittura rendere strutturale, opzione donna. Per loro l’uscita resterebbe confermata a 58 anni di età (59 per le autonome) con 35 anni di contributi.

Infine anche i giovani, o meglio, coloro che versano solo nel sistema contributivo e che hanno lavoro discontinuo o a basso reddito per i quali non è prevista l’integrazione al trattamento minimo di pensione.