La pensione di reversibilità, o meglio ai superstiti, è concessa sulla base delle relazioni parentali. La percentuale di assegno spettante varia in base al grado di parentela, ma anche in base alle capacità di reddito del beneficiario. Così come previsto dalla legge n. 335 del 1995 (riforma Dini).

I superstiti che hanno diritto alla rendita di reversibilità del pensionato o del lavoratore (pensione indiretta) sono in via principale il coniuge e i figli. Ma possono beneficiarne anche i fratelli e le sorelle o altri familiari.

La misura della rendita cambia a seconda del grado di parentela e della composizione del nucleo familiare.

Pensione di reversibilità, quanto spetta

La pensione di reversibilità rappresenta un importante sostegno pensionistico per i familiari superstiti di un pensionato deceduto. Il diritto sorge al momento del decesso del titolare della rendita o del lavoratore avente diritto alla prestazione. In questo secondo caso si parla di pensione indiretta.

Per beneficiare della pensione indiretta è necessario che il lavoratore abbia versato almeno 15 anni di contributi IVS nel corso della vita assicurativa o, in alternativa, almeno 5 anni di contributi di cui 3 negli ultimi cinque. Diversamente il diritto non sorge. La pensione di reversibilità non viene però devoluta per intero, ma ripartita secondo precise percentuali e in particolare:

  • 60%, solo al coniuge;
  • 70%, solo a un figlio minore o inabile;
  • 80%,al coniuge con un figlio minore ovvero con due figli minori senza coniuge;
  • 100%al coniuge e due o più figli ovvero tre o più figli;
  • 15%a ogni altro familiare, avente diritto, diverso dal coniuge, figli e nipoti.

Limiti di reddito

E’ importante sapere, però, che la pensione ai superstiti non è sempre garantita se il beneficiario percepisce altri redditi assoggettabili ad Irpef. La riforma Dini del 1995 ha introdotto dei limiti alla cumulabilità della pensione di reversibilità con eventuali redditi del superstite.

Nel caso l’unico beneficiario sia il coniuge, la soglia limite per non subire alcuna riduzione dell’importo della pensione è pari a 22,315,41 euro.

Detta soglia è riferita al 2023, ma ogni anno l’Inps aggiorna le cifre in relazione alla variazione ufficiale Istat del dato sull’inflazione.

Nel caso in cui il coniuge consegua un reddito annuo superiore, subirà una riduzione della pensione pari al 25%. Il taglio sale al 40% nel caso il reddito sia ricompreso tra la predetta soglia e i 29.753,88 euro ed arriva al 50% laddove il reddito del coniuge sia superiore a 37.192,35 euro annui.

Percentuale di taglio alla pensione di reversibilità

In sintesi, dunque, i tagli alla pensione di reversibilità sono:

  • 0% per redditi entro il limite di 22.315,41 euro.
  • 25% per redditi compresi tra 22.315,41 euro e 29.753,88 euro.
  • 40% per redditi compresi tra 29.753,88 euro e 37.192,35 euro.
  • 50% per redditi superiori a 37.192,35 euro.

Tali riduzioni non si applicano nei casi di pensione spettante anche o solo a figli minori, studenti o inabili al lavoro. In tal caso la legge consente la possibilità di cumulare interamente la rendita del defunto con i redditi.

Per redditi si intendono tutti quelli assoggettabili a Irpef. Non sono presi in considerazione quelli derivanti dalla stessa pensione di reversibilità, dalla rendita rivalutata della casa di abitazione, dal trattamento di fine rapporto e i compensi arretrati soggetti a tassazione separata.

Riassumendo…

  • La pensione di reversibilità spetta ai familiari superstiti.
  • La percentuale reversibile dipende dal grado di parentela.
  • L’importo della rendita è ridotto se il superstite percepisce altri redditi.
  • Le percentuali di riduzione della pensione dipendono dall’ammontare dei redditi aggiornati ogni anno.