I requisiti per la pensione ordinaria non cambieranno il prossimo anno e nemmeno quelli a venire. Come stabilito dalla riforma Fornero, dal 2012 i lavoratori possono ottenere la rendita pubblica al compimento dei 67 anni di età con almeno 20 di contributi versati. In alternativa possono uscire in anticipo con almeno 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne)  a prescindere dall’età.

L’età della pensione ordinaria, detta anche di vecchiaia, tuttavia, non è statica, ma agganciata alla speranza di vita.

Il che significa che ogni due anni, in base alla longevità della popolazione italiana, quest’asticella può innalzarsi. Ma non diminuire. Così è stato in passato quando, a seguito dell’allungamento dell’età media, si è passati gradualmente da 66 a 67 anni di età.

Pensione di vecchiaia, requisiti

Come detto, i requisiti per ottenere la pensione sono due: l’età anagrafica, per ora fissata a 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi versati. Se manca uno dei due, non si può andare in pensione. Per le donne con figli è previsto uno sconto di 3 mesi per ogni figlio fino a un massimo di 12 mesi sull’età anagrafica. Quindi fino a 66 anni di età.

Soddisfatti i requisiti per ottenere la pensione, l’Inps liquida la rendita in base al sistema di calcolo retributivo e contributivo (misto). Il primo assegno in pagamento è previsto per il 1 giorno del mese successivo alla maturazione dei requisiti, ma, a tutti gli effetti, possono passare fino a 55 giorni prima che l’Istituto liquidi la prestazione.

Di recente è stata avviata una procedura automatizzata con la quale l’Inps avvisa l’assicurato prossimo all’età della pensione. Qualche mese primo viene inviata una comunicazione all’avente diritto della possibilità di presentare domanda in modo da non perdere il diritto e procedere in via autonoma con la compilazione della richiesta precompilata sul sito Inps.

Differenza per chi ricade nel sistema contributivo e retributivo

Una cosa a cui bisogna prestare particolare attenzione è controllare se l’assicurato ricade nel sistema di calcolo contributivo puro oppure in quello misto. Finora siamo abituati a considerare per la generalità dei lavoratori questa seconda ipotesi, ma col passare del tempo la prima assume sempre più rilevanza.

La legge prevede, infatti, che per coloro che ricadono interamente nel sistema contributivo, cioè hanno iniziato a lavorare dopo il 1995, un vincolo al diritto alla pensione di vecchiaia. Cioè non bastano 67 anni di età e 20 di contributi, ma bisogna anche ottenere una pensione pari ad almeno 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale (oggi 503, 27 euro).

Se si ottiene, quindi, una pensione a calcolo inferiore a 755 euro al mese, non si avrà diritto alla pensione a 67 anni di età e bisognerà attendere il compimento dei 71 anni. O fare in modo che questa soglia sia raggiunta con altri contributi.

Pensione di vecchiaia a 67 anni e speranza di vita

L’età della pensione (non solo di vecchiaia) è agganciata alla speranza di vita. Per cui i 67 anni potrebbero salire col tempo. Tre adeguamenti, come dicevamo, si sono verificati nel 2013, 2016 e 2019 portando l’età anagrafica da 66 a 67 anni di età. Poi, visto che la speranza di vita è calata a causa della pandemia, nel 2021 e 2023 c’è stato un congelamento. Ma nel 2025 si riprenderà a salire di due mesi ogni due anni, come previsto dalla riforma Fornero.

La revisione è prevista ogni due anni e interesserà tutte le forme di pensione, quindi anche quelle anticipate che prevedono l’uscita in base ai soli contributi versati e non anche all’età anagrafica.

Riassumendo…

  • La pensione di vecchiaia si ottiene a 67 anni con 20 anni di contributi.
  • La rendita decorre dal mese successivo al perfezionamento dei requisiti e alla domanda.
  • L’età anagrafica è legata alla speranza di vita che si aggiorna ogni due anni.