Andare in pensione con Ape Sociale non conviene a tutti. Anzi, volendo ben guardare, conviene a pochi lavoratori perché ci si rimette una bella fetta di rendita. Tutta una questione di numeri che il legislatore ha ben calcolato per disincentivare il ricorso all’anticipo pensionistico.

Ape Sociale non è, infatti, una vera e propria pensione, ma una misura economica che prevede l’erogazione di una indennità fio al raggiungimento dell’età pensionabile. Il diritto scatta a 63 anni di età con almeno 36 anni di contributi (in alcuni casi ne bastano 30).

Bisogna poi trovarsi in particolari condizioni di disagio sociale.

I limiti di Ape Sociale

Ma perché Ape Sociale spesso non conviene? Posto che un lavoratore abbia raggiunto i requisiti necessari per chiedere la pensione anticipata, l’importo della rendita è calcolato nella misura massima di 1.500 euro lordi al mese per 12 mensilità. Al netto delle tasse, si arriva a prendere al massimo 1.150 euro al mese. Il calcolo della indennità è fatto in base ai contributi versati al momento della richiesta, cose se fosse pagata la pensione.

Quindi questa formula non conviene al lavoratore che prenderebbe, senza il limite stabilito dalla legge, più di 1.500 euro lordi al mese, ovvero 18 mila euro all’anno. Chi avesse diritto a 2.000 euro al mese di pensione si troverebbe quindi in perdita di una bella fetta di rendita.

Vero che al raggiungimento dei 67 anni di età, Ape Sociale cesserebbe e il lavoratore avrebbe diritto a una pensione più alta, calcolata in base ai contributi versati. Ma è altrettanto vero che per 4 anni perderebbe dei soldi e non potrebbe nemmeno incrementare il valore della futura rendita essendo l’assegno non rivalutabile.

Ape Sociale, quindi, va a vantaggio solo di coloro che beneficiano di pensioni fino a 18.000 euro all’anno. Oltre tale soglia, non conviene fare ricorso a questo strumento. A meno che non si riesca più a conciliare il lavoro con le necessità contemplate dalla legge.

Il vincolo lavorativo per la pensione

Ricordiamo che hanno diritto ad Ape Sociale, sia i lavoratori dipendenti, che quelli parasubordinati e gli autonomi. Uomini e donne devono, però, trovarsi in stato di disoccupazione, essere caregiver o invalidi con almeno il 74% di invalidità civile riconosciuta in via definitiva. Possono accedere ad Ape Sociale anche i lavoratori gravosi che siano stati adibiti a tali attività per almeno 6 anni negli ultimi 7.

Un altro importante e non trascurabile limite di Ape Sociale è quello lavorativo. Uscendo a 63 anni e fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia il beneficiario non può lavorare. Per cui non potrà integrare l’assegno con altri redditi, se non in maniera limitata, occasionale o autonoma. I limiti prefissati sono:

  • 000 euro per attività di lavoro subordinato, parasubordinato o occasionale;
  • 800 euro in caso di redditi da lavoro autonomo.

Il diritto decade anche in caso di percezione di trattamenti di disoccupazione da parte dell’Inps (Naspi) o all’indennizzo da cessazione di attività commerciale.