Il contratto di espansione, introdotto nel 2019 dal Decreto Crescita, inizialmente era rivolto solo a grandi aziende con oltre mille lavoratori e prevedeva uno scivolo di soli 2 anni. Lo scorso anno, è stato esteso alle aziende con oltre 250 dipendenti. Con il Decreto Sostegni bis, la misura è stata estesa alle imprese con oltre 100 dipendenti attraverso un ulteriore stanziamento per la Cig.

Cosa prevede la pensione con contratto di espansione’? Si perde o si guadagna?

Il contratto di espansione permette all’impresa di mandare in pensione su base volontaria i lavoratori con un’uscita anticipata di 5 anni (a 62 anni anziché i 67 previsti dalla pensione di vecchiaia).

Conviene ai lavoratori?

Pensione con contratto di espansione: un accordo tra imprese e Governo

Il contratto di espansione è un accordo tra aziende e Governo finalizzato alla ristrutturazione del personale e ad un piano di assunzioni di giovani per favorire il ricambio generazionale.

Questa misura prevede la concessione di una cassa integrazione straordinaria nonché agevolazioni per l’esodo anticipato dei lavoratori dipendenti più prossimi alla pensione. Anche le assunzioni di giovani lavoratori prevedono agevolazioni e la riqualificazione di personale già assunto viene, in pratica, pagata dallo Stato attraverso la cassa integrazione.

Lo scivolo pensionistico di 60 mesi è accessibile ai dipendenti che hanno un’età di 62 anni e non intendono continuare a lavorare fino ai 67 anni.

Il Decreto Sostegni bis ha stanziato fondi per alleggerire i costi dei licenziamenti per le aziende con oltre 1.000 dipendenti decise ad attuare il piano di ristrutturazione del personale secondo i programmi europei. Queste imprese beneficiano di un ammontare pari alla NASpI maturata dai dipendenti esodati fino a massimo 36 mesi (non 24 mesi come previsto per le aziende con almeno 100 dipendenti). Per fruire di questo beneficio, le aziende dovranno assumere un lavoratore ogni tre pensionati.

Pensione con contratto di espansione: il lavoratore ci perde o ci guadagna?

Uscendo 5 anni prima dal lavoro con il contratto di espansione, il lavoratore avviato alla pensione di vecchiaia rischia di percepire un assegno pensionistico tagliato di un quarto.

La Cgil ha spiegato che questo prepensionamento implica una forte perdita economica per due motivi: mancato versamento dei contributi previdenziali che riduce l’importo dell’assegno e mancata maturazione del Tfr negli ultimi anni di lavoro.

Secondo i calcoli di Progetica, lasciare il lavoro 5 anni prima (a 62 anni) ad esempio con uno stipendio netto di 2.000 euro equivale ad un taglio dell’assegno pensionistico del 22% subito e del 10-15% nel corso della vita del contribuente.

Secondo Cgil, considerando 82 anni di vita media, si parlerebbe di una perdita di circa 80.000 euro netti (122.000 euro lordi) per il pensionato.