L’Inps e il Governo hanno corretto il tiro sull’Ape sociale eliminando dal documento ogni riferimento al fatto che il lavoratore debba trovarsi a non più di 3 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaia ma lasciando solo come requisito il possesso di un’età anagrafica di 63 anni e almeno 30 anni di contributi (oltre che il trovarsi in uno dei profili di tutela per l’accesso).

Cosa significa questo? Che laddove l’età per il pensionamento dovesse essere allungata dall’adeguamento alla speranza di vita (a partire dal 1 gennaio 2019) l’indennità concessa dall’Ape sociale potrà superare la durata dei 43 mesi (3 anni e 7 mesi) portando il lavoratore alla pensione di vecchiaia.

In questo modo anche i nati nel 1954 e 1955 potranno accedere all’Ape sociale a 63 anni di età senza dover tener conto dei futuri adeguamenti alla speranza di vita Istat portando la durata dell’indennità a 48 mesi (4 anni).

Se, però, il lavoratore dovesse diventare titolare di un altro diritto alla pensione diretta (come ad esempio la pensione anticipata) il sussidio potrà essere interrotto poichè, a differenza dell’ape volontario, l’Ape sociale non ha una durata minima.