Andare in pensione anticipata comporta sempre qualche rinuncia sull’importo dell’assegno. L’età anagrafica incide infatti in maniera determinante sul montante contributivo, cioè quel tesoretto accumulato negli anni su cui si calcola la rendita. A maggior ragione se la pensione è liquidata interamente col metodo contributivo.

L’importo della pensione è infatti determinato dal coefficiente di trasformazione che varia in base all’età anagrafica. A 67 anni, ad esempio, questo parametro è più alto che a 63 anni e quindi, a parità di contributi versati un lavoratore si ritrova una pensione più alta.

Questo perché le aspettative di vita sono minori nel primo caso rispetto al secondo.

Importo della pensione, come si calcola

In ogni caso, la prima regola da tener presente è che più si tarda l’uscita dal lavoro, maggiore sarà l’importo della pensione. Ma la rendita dipende anche da un altro importante fattore. Da quanti contributi risultano versati nella cassa pensionistica di appartenenza durante la carriera lavorativa. Maggiore è il montante contributivo e più alta sarà la pensione.

Altra variabile che determina l’importo dell’assegno è il sistema di calcolo. Per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 si applica il sistema di calcolo misto della pensione. Cioè la rendita viene quantificata in parte col sistema retributivo per i versamenti ante 1996 (più vantaggioso) e in parte col sistema contributivo per i periodi di copertura dal 1996 in avanti.

A parità di età della pensione, coloro che possono vantare più contributi versati prima del 1995 prenderanno una pensione più alta rispetto a chi ne ha versati di meno. In pratica, il sistema di calcolo premia chi ha iniziato a lavorare prima.

Uno strumento abbastanza preciso, ma solo per coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995, è il nuovo simulatore PensAMi dell’Inps. Esso permette, senza accedere al sito internet con Spid, di ottenere informazioni di massima su quando andremo in pensione.

Uscita a 63 anni con Ape Sociale

Detto questo, vediamo a quanto ammonta la penalizzazione per chi va in pensione quattro anni prima. Cioè a 63 anni di età nelle tre diverse opzioni di prepensionamento generalmente previste dalla legge: Ape Sociale, Quota 41 per lavoratori precoci e con l’anticipo a 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne).

Andare in pensione con Ape Sociale non conviene a tutti. Anzi, volendo ben guardare, conviene a pochi lavoratori perché ci si rimette una bella fetta di assegno. Ape Sociale non è, infatti, una vera e propria pensione, ma una misura economica che prevede l’erogazione di una indennità mensile fino al raggiungimento dell’età pensionabile. Il diritto scatta a 63 anni di età con almeno 36 anni di contributi (in alcuni casi ne bastano 30). Bisogna poi trovarsi in particolari condizioni di disagio sociale.

L’importo della rendita è calcolato nella misura massima di 1.500 euro lordi al mese non rivalutabili per 12 mensilità. Al netto delle tasse, si arriva a prendere al massimo 1.150 euro al mese. Il calcolo della indennità è fatto in base ai contributi versati al momento della richiesta, come se fosse pagata la pensione.

Quindi questa formula non conviene al lavoratore che prenderebbe, senza il limite stabilito dalla legge, più di 1.500 euro lordi al mese, ovvero 18 mila euro all’anno. Chi avesse diritto a 2.000 euro al mese di pensione si troverebbe quindi in perdita di una bella fetta di rendita.

In pensione 4 anni prima

Ape Sociale a parte, chi a 63 anni ha maturato un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi (41 e 10 mesi per le donne) può chiedere la pensione anticipata prevista dalle regole Fornero. Il limite contributivo vale a prescindere dall’età anagrafica, ma il calcolo della pensione è sempre determinato in via principale dal coefficiente di trasformazione. Valore che a 63 anni di età implica una differenza sostanziale di quasi il 10% di pensione rispetto a 67 anni.

Andare in pensione 4 anni prima, a parità di contributi, implica quindi una perdita sull’importo della pensione importante. Pur tenendo conto della quota di rendita che verrebbe liquidata con il sistema di calcolo retributivo per gli anni di lavoro effettuati prima del 1996.

Stesso discorso vale per i lavoratori precoci che possono andare in pensione con Quota 41, cioè con 41 anni di contributi versati (di cui 1 anno almeno prima del compimento dei 19 anni di età) indipendentemente dall’età.