Anche il 2022 quindi è passato senza che il Governo Meloni abbia completato quel progetto di riforma di cui da anni si parla. Anche la Legge di Bilancio che sta per essere definitivamente licenziata dal Parlamento contiene soltanto misure tampone tra proroghe di alcune vecchie e novità. Nulla di trascendentale, perché anche la proroga di Opzione donna o la quota 103 presentano delle problematiche che andrebbero meglio approfondite. Proprio per capire come, nonostante i buoni propositi, si tratta di misure che pochi potranno percepire.

“Buonasera, mi chiamo Roberta e dopo 35 anni di contributi versati, avevo pensato che finalmente con il Governo di centro-destra Opzione donna diventasse strutturale. Dal momento che compio 58 anni a gennaio prossimo credevo che finalmente potevo scegliere di gestire casa e famiglia anziché continuare a lavorare. Invece la delusione in queste ore è davvero tanta. Se non ho capito male tra figli, situazioni particolari e limitazioni, andare in pensione anche con Opzione donna nel 2023 per me sarà praticamente impossibile”.
“Buonasera, mi chiamo Ernesto e sono profondamente amareggiato da quando sta facendo il Governo oggi con le pensioni. Dalla Legge di bilancio non escono buone notizie per il sottoscritto. Ho compiuto 63 anni a novembre, faccio il manuale edile e a gennaio prossimo farò 38 anni di contributi versati. Pensavo, come inizialmente diceva il Governo, che tornando a 62 anni la possibilità di uscire con le quote, anche io potevo andare in pensione nel 2023. E invece si sono inventati questa strana quota 41 che di fatto mi esclude anche dalla nuova pensione, dopo che sono stato escluso dalla quota 100 e della quota 102.”

Ci volevano ben altre pensioni per tranquillizzare la popolazione

Lettere come quelle dei nostri lettori sono davvero tante e tutte negative per quanto riguarda le proposte che il Governo ha deciso di inserire nella Legge di Bilancio facendole diventare misure nuove a partire dal primo gennaio 2023.
E a dire il vero entrambi i nostri lettori degli esempi riportati prima, sono nettamente penalizzati dalle novità che verranno introdotte. Parlare di misure tampone forse è persino eccessivo dal momento che sono soltanto piccoli aggiustamenti del sistema che riguarderanno davvero una piccola parte della popolazione lavorativa che invece aveva bisogno di ben altre misure.

La quota 103, tutto tranne che una misura che supera la legge Fornero

Partendo dalla nuova quota 103, sono evidenti le problematiche che la nuova misura finirà con l’introdurre nel sistema. Magari i propositi erano anche buoni, perché nella quota 103 il Governo vede una misura che riesce a evitare lo scalone di cinque anni prodotto dalla chiusura di quota 100 nel 2022, e della chiusura della quota 102 nel 2023. Buoni propositi anche perché si parla sempre di superare la legge Fornero e secondo i legislatori la quota 103 finirebbe con aiutare l’obiettivo. Analizzando la misura nel dettaglio però si evincono diverse negatività da questo punto di vista. Innanzitutto perché anche riportando indietro l’età pensionabile, riportandola ai tempi della quota 100 e cioè a 62 anni di età, cambia di molto il limite contributivo. Significa in altri termini che pure abbassando l’età pensionabile di due anni rispetto alla quota 102, è stata portata tre anni più avanti la carriera utile per uscire con le quote. E non è certo una cosa semplice lavorare tre anni in più o maturare una carriera pari a 41 anni come prevede la quota 103.

Perché la quota 103 non aiuta granché

Il nostro lettore che critica apertamente quota 103 non fa altro che assecondare la nostra teoria che è quella di una misura profondamente sbagliata e poco idonea a risolvere i tanti problemi che il sistema previdenziale ha al suo interno. Basti pensare che nel 2021 c’è stata gente che ha potuto lasciare il lavoro con 62 anni di età e con 38 anni di contributi versati.
Oggi invece alla stessa età si chiede una carriera pari a 41 anni. E il nostro lettore si trova ad aver completato 38 anni di contributi versati che sono troppo pochi per la nuova quota 103. Come erano pochi nel 2021 per la quota 100 perché ne aveva soltanto 37. In pratica tagliato fuori dalla quota 100 per i contributi versati che erano pochi, dalla quota 102 per l’età (perché non aveva ancora 64 anni), e dalla quota 103 adesso. Perché nonostante sia andato avanti con la carriera, il governo ha deciso di spostare ancora più avanti la soglia dei contributi.

Opzione donna è ancora peggio in fatto di limitazioni

Ancora peggio appare la proroga di Opzione donna, che anche se sembra che abbia mantenuto gli stessi requisiti utili nel 2022, ha inserito paletti e vincoli che ne limitano molto la gittata. E la nostra lettrice è una di queste. Tanto è vero che non è leggera nelle critiche alla misura. Infatti fino al 2022 Opzione donna poteva essere percepita dalle lavoratrici una volta arrivati a 58 anni di età se si trattava di lavoratrici dipendenti. Oppure a 59 anni di età se si trattava di lavoratrici autonome. La carriera contributiva necessaria era pari a 35 anni. La misura oltre a prevedere una finestra di attesa di 12 mesi per le dipendenti e di 18 mesi per le autonome, prevedeva un altro limite. Cioè il completamento del doppio requisito entro il 31 dicembre dell’anno precedente quello in cui si presenta la domanda di pensione. In pratica per uscire nel 2022 con la Opzione donna, serviva completare il doppio requisito anagrafico e contributivo entro il 31 dicembre del 2021.

Come andare in pensione con la nuova Opzione donna

Con la nuova misura, sempre se resterà così anche a Manovra finanziaria approvata, potranno lasciare il lavoro le lavoratrici con 58 anni di età solo ed esclusivamente se sono caregiver, invalide, disoccupate o assunte presso aziende in crisi. Ma allo stesso tempo serve anche che abbiano avuto almeno due figli durante la loro vita.
Se i figli non sono due o più, ma solo uno, l’uscita a 58 anni non è più possibile. E serve attendere il 59° anno di età per uscire con Opzione donna. Senza figli l’età sale addirittura a 60 anni. Una netta limitazione di platea è un netto vincolo, quasi discriminatorio, come molte considerano quello dei figli. E tra l’altro i requisiti andrebbero centrati entro i 31 dicembre prossimo, per chi conta di uscire dal lavoro nel corso del 2023. Una proroga piuttosto limitativa che, di fatto, conferma i dubbi e le perplessità della nostra lettrice come di tante altre che ci scrivono quotidianamente.