Opzione Donna potrebbe diventare Opzione per Tutti. O meglio, anche per gli uomini. Il modello di pensionamento anticipato finora adottato per le lavoratrici non dispiace perché consente di uscire prima dal lavoro a patto che si sia disposti ad accettare un taglio della pensione.

Per le lavoratrici, Opzione Donna è stata finora una alternativa valida alle pensioni ordinarie. Anche a fronte di una penalizzazione della pensione che arriva in alcuni casi al 30% rispetto alla vecchiaia. Soprattutto per via dei conteggi di liquidazione previsti per 58-59 anni di età.

Opzione Donna estesa anche agli uomini?

Del resto, come si è visto, il sistema delle quote finora adottato non ha funzionato bene. E’ costato tanto e non ha sortito quei riscontri sul piano occupazione che ci si attendeva. La Lega, fautrice di Quota 100, aveva preventivato 1 milione di posti di lavoro, ma ne sono stati creati circa un terzo con le uscite anticipate.

Col risultato che Quota 100, cioè il pensionamento a 62 anni di età, peserà molto sui conti dell’Inps e sui giovani che il lavoro non riescono a trovarlo. Tant’è che la disoccupazione giovanile in Italia resta ben superiore al 30% con punte drammatiche al Sud Italia.

Serve quindi qualcosa di più duraturo e sostenibile che non costringa il Parlamento a intervenire ogni anno con una pezza per evitare il ritorno alla Fornero. Del resto, spazi di manovra non ce ne sono molti e la coperta finanziaria è corta. Così l’estensione di Opzione Donna anche agli uomini potrebbe essere una valida soluzione.

In pensione prima, ma con meno soldi

Del resto Opzione Donna non pesa sul bilancio dello Stato. Lo ha detto anche il presidente del Inps Pasquale Tridico. Chi sceglie di andare in pensione con questo meccanismo accetta una forte penalizzazione.

La pensione è infatti liquidata solo con il sistema di calcolo contributivo, anche per i versamenti effettuati prima del 1996.

Il pagamento, poi, inizia 12 mesi dopo il perfezionamento dei requisiti di pensione (18 mesi per le autonome). Ne deriva, in complesso, un taglio dell’assegno che in alcuni casi raggiunge percentuali elevate.

Per cui lo Stato da questo punto di vista risparmia soldi. Allora perché non estendere a tutti la possibilità di lasciare il lavoro prima accettando un taglio della pensione? Su questo punto si sta ragionando da tempo e non è detto che la riforma pensioni, tanto attesa, alla fine sarà attuata con l’estensione di questa opzione anche agli uomini.

Per gli uomini rischia di non funzionare

Restano tuttavia grossi dubbi che Opzione Donna possa andar bene anche per gli uomini. E in ogni caso l’estensione a tutti rischierebbe di compromettere il successo in futuro anche di Opzione Donna. Il motivo è subito spiegato.

La ragione principale per cui le lavoratrici possono permettersi di andare in pensione con Opzione Donna a 58-59 anni con 35 di contributi è data dal fatto che possono contare su altre entrate reddituali in famiglia. La principale è quella dello stipendio o della pensione del coniuge. Al punto che questo tipo di scelta per le donne è spesso considerata un lusso che non tutte possono permettersi.

Se anche gli uomini potessero optare per una uscita anticipata del genere rischierebbe di saltare il precario equilibrio su cui si regge l’economia familiare. Detto in altre parole, se viene a mancare il sostegno finanziario dell’uomo in casa perché decide di andare in pensione prima, la lavoratrice non potrebbe più permettersi di uscire a 58-59 anni di età. Insomma, messa così, pare che Opzione Donna possa funzionare per le lavoratrici fintanto che all’uomo questa strada resta preclusa .

Opzione Donna è un lusso

Al punto che Opzione Donna è considerata un lusso. Di fatto, le lavoratrici che decidono di andare in pensione con questa opzione devono mettere in conto una forte penalizzazione dell’assegno.

Per sempre.

La legge prevede infatti che le lavoratrici che scelgono di abbandonare il lavoro prima dei 60 anni subiscano un taglio corposo della pensione. Ciò scaturisce dal fatto che il calcolo dell’assegno avviene esclusivamente con il metodo contributivo. In pratica, i periodi di lavoro e versamenti che ricadono nel sistema retributivo (ante 1996) sono “migrati” e considerati come se ricadessero nel sistema contributivo.

Quindi per la generalità delle lavoratrici la pensione, così calcolata, rischia di essere insufficiente per vivere. A meno che si disponga di altre entrate o che in famiglia vi sia qualcuno in grado di sopperire con altri redditi al taglio della pensione.