Fra i vari punti in discussione al Ministero del Lavoro per la riforma pensioni, c’è anche quello che riguarda giovani e donne. In particolare le garanzie per i lavoratori che nel sistema contributivo puro avranno meno tutele previdenziali.

Carriere discontinue, buchi contributivi, lavoro precario o mal pagato, come noto, produrranno inevitabili ricadute sulla pensione futura. E’ necessario, quindi, studiare soluzioni che evitino che al termine dell’attività lavorativa si cada in povertà.

Garanzie per giovani e donne che andranno in pensione

Per giovani e donne, quindi, si sta delineando un percorso che dovrebbe portare a un potenziamento del sistema di protezione sociale.

Oltretutto, con le attuali regole, c’è il rischio che i quarantenni di oggi debbano lavorare fino a oltre 70 anni prima di lasciare il lavoro. Prendendo magari anche un assegno da fame perché alle spalle non avranno contributi sufficienti.

L’entrata a regime del sistema di calcolo contributivo puro, infatti, non permette il diritto all’integrazione al trattamento minimo di pensione per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995. Quindi, in mancanza di un cuscinetto che permetta di ottenere una garanzia minima vitale, è necessario ripristinare adeguate forme di tutela.

Bonus contributi e Tfr

Secondo le prime indiscrezioni, l’idea è quella di introdurre nel nostro ordinamento pensionistico un sistema di bonus contributivi in grado di compensare e riempire i periodi di contribuzione scoperti o di inattività.

Cioè fare in modo che i contributi versati in determinati periodi dell’anno e in particolari circostanze possano essere maggiorati di 1,5 volte. Fare, insomma, come per le maggiorazioni convenzionali riservate al personale militare e delle forze armate.

Lo stesso potrebbe essere fatto per le lavoratrici estendendo il bonus contributivo a coloro che vanno in maternità o sono costrette ad assentarsi forzatamente. Ciò al fine di garantire una adeguata copertura pensionistica alle donne con figli.

Di più, il Tfr potrebbe essere destinato a forme di previdenza integrativa a fine carriera. Si pensa, infatti, alla possibilità di impiegare il Tfr come fondo pensione integrativo in maniera tale da incrementare la pensione statale a fine carriera.

A sei mesi dalla pensione, ad esempio, i lavoratori potrebbero comunicare a datore di lavoro o all’azienda se intendono mantenere il Tfr o se versare la liquidazione in un fondo pensione.