La spesa per le pensioni in Italia rappresenta una vera e propria bomba a orologeria. Se esplode, il Paese va in default o rischia di fare la fine della Grecia nel 2012 quando il debito fu tagliato della metà con gravi e pesanti ripercussioni sulla vita della popolazione ellenica. Eppure di questa prospettiva non sembra preoccuparsi nessuno da noi. Non ancora, almeno.

Governanti, sindacati e parti sociali sono tutti costantemente alla ricerca di soluzioni per mandare in pensione i lavoratori prima rispetto alle attuali regole Fornero.

E finora, tra un escamotage e l’altro, ci sono sempre riusciti, senza curarsi del futuro di figli e nipoti sulla cui testa pende già alla nascita un debito di 30 mila euro. E in questa cifra la spesa previdenziale ha un peso preponderante.

Baby boomer e calo demografico

Secondo le stime Inps, nei prossimi anni ci sarà, poi, un’accelerazione dei pensionamenti. Con o senza regole Fornero, arriveranno al traguardo della vecchiaia milioni di lavoratori nati fra gli anni 60 e 70. Decennio che vide un boom di nascite di circa 1 milione di anime all’anno al termine del ciclo di espansione, meglio noto come boom economico.

Poiché il nostro sistema pensionistico è un sistema a ripartizione, è necessario che per mantenere solvibile il pagamento delle pensioni siano assicurati gli adeguati introiti contributivi. In altre parole serve gente che lavora e versa i contributi. Tecnicamente, per restare in equilibrio, il sistema ha bisogno di circa 1,5 lavoratori per ogni pensionato. Ma questo rapporto è ormai in declino da anni e tende alla parità. Di conseguenza lo Stato dovrà intervenire sempre più energicamente attraverso la fiscalità generale.

Più precisamente – secondo Aberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali – mancano i lavoratori. I nati tra il 1946 e il 1964 sono oltre 14 milioni e hanno una età compresa fra i 59 e 77 anni. A cui bisogna aggiungere altri 12,3 milioni di nati entro il 1978 che andranno in pensione.

In tutto 26,3 milioni di persone che lasceranno il lavoro nei prossimi 20 anni. Al ritmo di 1.000 pensionamenti al giorno.

8 milioni di pensioni in più nei prossimi anni

In tutto, sempre secondo le stime di Brambilla, ci saranno altri 8 milioni di pensionati in più. Oggi i pensionati sono 16,8 milioni, ma fra dieci anni, fra prestazioni eliminate e nuovi accoglimenti supereremo la soglia dei 20 milioni. Un terzo della popolazione italiana e la metà di quella attiva che lavora. Il rapporto sarà quindi di 1 a 1, insostenibile per le finanze italiche.

Il rapporto fondamentale per la tenuta dei conti previdenziali, attivi/pensionati è di 1,46: l’obiettivo che l’esecutivo si dovrebbe dare – dice Brambilla – è quello di portarlo almeno a 1,5-1,6. Ma il parametro appare al momento irraggiungibile, anche con l’apporto massiccio degli immigrati a cui stiamo assistendo. E nemmeno se potessimo mandare la gente in pensione a 74 anni di età.

Sicché l’ondata massiccia di pensionamenti a cui stiamo per andare incontro non può che condurre a una fase di tagli delle prestazioni pensionistiche. Le riforme, oggi, non possono più permettere ai lavoratori uscite anticipate se non con forte penalizzazione dell’assegno. Volente o nolente, il governo ne dovrà tenere conto.

Anche perché il progressivo invecchiamento della popolazione in assenza di nascite sta facendo salire la spesa assistenziale. Quella che include invalidità civili, indennità di accompagnamento, assegni sociali, integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali, 14° mensilità, social card, ecc. per una spesa che sfiora i 50 miliardi all’anno.

Riassumendo…

  • In arrivo una forte ondata di pensionamenti da parte dei baby boomer.
  • Ci saranno 1.000 pensioni al giorno da pagare e mancano i lavoratori.
  • Le pensioni anticipate saranno sempre meno.
  • La popolazione invecchia e sale la spesa assistenziale.