La Corte di Cassazione con la sentenza numero 8132 del 2017 ha chiarito che la condotta illecita di un dipendente al di fuori del lavoro può comportare in ogni caso il licenziamento. Vediamo quali sono i motivi addotti dalla Suprema Corte.

Le condotte illecite al di fuori del lavoro possono costituire la giusta causa di licenziamento, così come spiegano i giudici della Cassazione nella sentenza in oggetto affermando che “il lavoratore è assoggettato non solo all’obbligo di rendere la prestazione, bensì anche all’obbligazione accessoria di tenere un comportamento extralavorativo che sia tale da non ledere ne’ gli interessi morali e patrimoniali del datore di lavoro ne’ la fiducia che, in diversa misura e in diversa forma, lega le parti del rapporto di durata“.

Secondo i giudici, infatti, il lavoratore non è solo tenuto a fornire la propria prestazione di lavoro ma  anche a non mettere in atto, al di fuori del lavoro, comportamenti che possano ledere gli interessi dell’azienda sia moralmente che materialmente. I giudici della Suprema Corte concludono la sentenza affermando che “Posti tali principi in via generale, spetta poi al giudice di merito apprezzare se e in che misura tale condotta extra lavorativa abbia leso il vincolo fiduciario tra le parti del rapporto di lavoro” e ricordano che  “gli artt. 2104 e 2105 cod. civ., richiamati dalla disposizione dell’art. 2106 relativa alle sanzioni disciplinari, non vanno infatti interpretati restrittivamente e non escludono che il dovere di diligenza del lavoratore subordinato si riferisca anche ai vari doveri strumentali e complementari che concorrono a qualificare il rapporto obbligatorio di durata, e si estenda a comportamenti che, per la loro natura e per le loro conseguenze, appaiano in contrasto con i doveri connessi all’inserimento del lavoratore nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa o creino situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi della stessa”.