Il mercato economico e finanziario globale è stato travolto (e stravolto) dalla guerra in Ucraina. Le sanzioni dell’Occidente inflitte a Mosca, per ora, hanno contribuito a far aumentare il panico tra i cittadini russi. Preoccupati per il crollo del rublo e l’isolamento della nazione, molti sono corsi in banca a prelevare i propri risparmi, cercando anche di ottenere in cambio denaro in valuta estera (euro o dollaro). Questo ha spinto Putin a prendere delle decisioni sempre più stringenti. Prima, la limitazione dei capitali dei cittadini, poi il divieto di accettare pagamenti da aziende straniere – in valuta diversa da quella russa – se oltre una certa somma.

I nostri mercati finanziari, in Europa, non sono certo al collasso, ma gli investitori sono particolarmente preoccupati. Le banche italiane non stanno fallendo e non c’è alcun rischio per i risparmiatori ora. Tuttavia, considerata la forte interdipendenza dall’economia russa, in particolare alle sue industrie petrolifere e del gas, l’allerta è alta.

Guerra in Ucraina, quali gli effetti della crisi sull’economia UE

Non è ancora chiaro che effetto avrà la crisi scatenata dalla Guerra sulla politica monetaria nella Zona Euro. Anche prima che le truppe russe entrassero in Ucraina, la BCE sembrava incerta sulla portata, sul ritmo e sui tempi della ripresa a seguito dalle politiche monetarie straordinarie attuate per far fronte all’emergenza Covid.

Fortunatamente, rispetto alle precedenti crisi finanziarie, le riserve di capitale e di liquidità delle banche europee sono molto più forti e in grado di resistere meglio agli shock e alle loro conseguenze. Non a caso, la BCE ha più volte sottolineato di essere pronta a “prendere qualsiasi azione” necessaria per adempiere ai suoi mandati e garantire la stabilità finanziaria. Tuttavia, se il conflitto dovesse andare avanti ancora per lungo, le conseguenze potrebbero essere più difficili da gestire.

L’incertezza geopolitica arriva infatti in un momento difficile per le banche centrali del mondo.

Alcuni hanno già avviato il processo di inasprimento della politica monetaria nel tentativo di combattere l’inflazione record, ma i picchi dei prezzi del petrolio e del gas naturale probabilmente non renderanno le cose facili.

Le banche possono fallire?

Gli istituti di credito potrebbero essere colpiti se l’escalation del conflitto continuasse a stimolare – ai ritmi di oggi – la volatilità dei mercati azionari e dei prezzi delle materie prime.

Concentrandoci sui rischi diretti per l’Europa, è vero che solo una manciata di banche dell’UE ha ancora forti legami con la Russia. Tuttavia, si tratta di grandi istituti di credito che, se colpiti da una crisi o vicini al fallimento, andrebbero inevitabilmente a coinvolgere l’intero sistema di un Paese. Le banche per così dire con “esposizioni dirette” comprendono:

  • i due maggiori gruppi bancari italiani, UniCredit e Intesa Sanpaolo;
  • il gruppo francese Société Générale;
  • e il gruppo bancario austriaco Raiffeisen Bank International.

Le azioni di queste banche sono crollate dall’inizio della crisi, ma solo una di esse, Raiffeisen, sembra ora impegnata ad affrontare una crisi più seria, dal momento che metà dei suoi profitti viene generata in Russia, Ucraina e Bielorussia (i territori più colpiti dal conflitto). I pagamenti dei dividendi sono stati sospesi e la banca è stata costretta a intervenire per sottolineare che le sue posizioni di capitale e liquidità sono solide. Per tutte le altre banche l’impatto sui livelli patrimoniali sembra essere gestibile.

Perché l’inflazione preoccupa

Quando si analizzano gli effetti (economici) del conflitto in Ucraina per il resto del mondo, c’è un’altra questione che non può essere sottovalutata, ovvero: l’inflazione record raggiunta in Europa nelle ultime settimane. Stando agli analisti, nella Zona Euro, è arrivata a segnare il tasso record di 7,5%.

Per il quinto mese il trend in crescita non si ferma, arrivando a superare ancora una volta i tassi dei 30 giorni precedenti.

Ma perché questo dovrebbe preoccuparci?

L’aumento dell’inflazione si traduce in pressioni sulla Banca Centrale Europea, che per fronteggiare la crisi dovrebbe aumentare ancora di più il suo tasso di interesse di riferimento. Che vuol dire questo? Come ha spiegato il presidente della BCE, Christine Lagarde, un conflitto prolungato alimenterà questo meccanismo. Così facendo, con l’inflazione in crescita, il costo della vita continuerà a salire, ostacolando le speranze di una ripresa post Covid.