Le lavoratrici dipendenti hanno diritto a delle tutele quando sono in attesa di un figlio. Esiste infatti la tutela obbligatoria della maternità, con il congedo parentale che vale 5 mesi e, in genere, 2 mesi prima e 3 mesi dopo il parto. Si tratta della possibilità di assentarsi dal lavoro per quante sono in dolce attesa, godendo di una retribuzione comunque. Ma c’è anche la cosiddetta maternità a rischio, che offre la facoltà di assentarsi oltre i 5 mesi già citati nel caso di gravidanze particolari.

Molto cambia da tipo a tipo di lavoratrice dipendente. Perché c’è quella assunta a tempo indeterminato, quella assunta con contratto a termine, quella part time e pure quella in somministrazione. E qualcosa per forza di cose cambia in base a ciò. E oggi, rispondendo a una nostra lettrice, affrontiamo il caso delle lavoratrici in somministrazione, cioè le cosiddette interinali.

“Salve, mi chiamo Irene e sono una lavoratrice in dolce attesa con una maternità però complicata come ha confermato il mio ginecologo. Il parto presunto è febbraio 2024 e volevo andare in maternità anticipata proprio in funzione di questo.

Lavoro in somministrazione e lavoratrici interinali, diritti, requisiti e maternità: come funziona quella obbligatoria o quella a rischio?

Il lavoro in somministrazione è una tipologia di contratto di lavoro introdotto dalla riforma del lavoro di Marco Biagi. Oggi vengono chiamati lavoratori in somministrazione o lavoratori interinali coloro che svolgono attività per aziende. Ma che di fatto vengono “affittati” all’azienda da una società di lavoro interinale. Molte le imprese italiane che nel momento del bisogno di personale, ricorrono a lavoratori provenienti dalle agenzie, e non provvedono ad assumere direttamente i lavoratori. Questo non vuol dire certo che siano lavoratori di serie B, privi di tutela e senza diritti. Anche la maternità infatti è un diritto per i lavoratori in somministrazione. Che pur essendo a tutti gli effetti dei lavoratori precari, possono godere dei diritti e delle tutele previste per la maternità.

Il certificato medico è fondamentale sempre

Presentando il certificato medico di gravidanza all’INPS, all’agenzia interinale e all’impresa utilizzatrice, il diritto può essere sfruttato in pieno. Nel certificato ci deve essere la data presunta del parto. L’astensione obbligatoria di 5 mesi può essere sfruttata due mesi prima del parto e 3 mesi dopo la nascita, ma a scelta della lavoratrice si può fare anche un mese prima e 4 mesi dopo. Al termine del periodo di maternità, la lavoratrice conserva il diritto al posto di lavoro, ma solo se il contratto di somministrazione è ancora in corso. Essendo un contratto a termine, se questo è scaduto alla data di ritorno alla possibile attività della lavoratrice dopo l’astensione obbligatoria, il diritto della lavoratrice è quello di essere inserita in una specie di lista di priorità nel caso in cui ci sia ancora bisogno di nuovi interinali.

Maternità anche a rischio nel lavoro a tempo determinato

Le lavoratrici che hanno un contratto a tempo determinato hanno gli stessi diritti delle lavoratrici a tempo indeterminato e pure dal punto di vista della gravidanza e pure del puerperio, cioè il periodo successivo al parto. Anche per la maternità a rischio valgono i medesimi pari diritti sempre che il medico che ha in cura la lavoratrice certifichi le condizioni di rischio della gravidanza. Molto dipende in materia di maternità dalla data del parto e dalla data di scadenza del contratto di lavoro.

Non ci sono obblighi particolari per il datore di lavoro, di prolungare il contratto ad una lavoratrice solo perché è in maternità. Se il contratto di lavoro termina entro 60 giorni dall’inizio del congedo di maternità, la lavoratrice ha diritto all’indennità di maternità obbligatoria per intero e quindi per tutti i 5 mesi.

Se invece il contratto si ferma prima di questi 60 giorni, esiste l’indennità sostitutiva della retribuzione.