Lavorare meno per lavorare tutti: mentre in Italia il M5S insiste su questa ideologia, c’è anche chi si muove in direzione diametralmente opposta. Dominik Bürgy, presidente di Expertsuisse nel corso di un’intervista al Tages-Anzeiger, ha suscitato scalpore per avere affermato, che “lavorare 70 ore alla settimana non è dannoso per la salute e presto in un mondo globalizzato potrebbe diventare la norma”.

Di seguito la sua proposta.

Lavoro, il calcolo delle ore non deve essere fatto su base settimanale

L’analisi di Bürgy parte da una considerazione: il flusso di lavoro per molte professioni non è costante.

Per questo è irrealistico vincolare ad esempio un avvocato a lavorare 45 ore a settimana mentre magari una settimana ne deve lavorare il doppio e quella dopo la metà per portare a termine tutti i progetti. Distribuire quindi il limite di ore massime che si possono lavorare su base mensile o su periodi ancora più lunghi (trimestre, semestre, anno etc) sarebbe quindi decisamente più realistico e concreto.

Nella sua azienda il meccanismo sembra funzionare in termini di produttività: “Da Ernst & Young possiamo lavorare fino a 16 ore al giorno, per un totale tra le 60 e le 70 ore alla settimana. Chiaramente dopo periodi così abbiamo bisogno di riposarci, ma se prendiamo in considerazione un intero anno, non lavoriamo sicuramente più degli altri”.

In un’ottica di lavoro futuro quindi fossilizzarsi su concetti come orario settimanale, riposo notturno o domenicale etc, può risultare anacronistico.

Insomma una posizione provocatoria in controtendenza non solo con il progetto “lavorare meno, lavorare tutti, portato avanti dal Movimento 5 Stelle ma anche con la riduzione della settimana lavorativa a 35 ore in sperimentazione in Francia.

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